Il 19 marzo 2025 è stato reso pubblico sul sito dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) il primo lotto di dati ottenuti dal telescopio Euclid, che ha osservato una porzione di cielo fornendo, già alla prima osservazione, informazioni estremamente dettagliate di oggetti sia vicini che molto distanti. I risultati permetteranno al mondo scientifico di indagare diverse aree dell’astronomia: gli ammassi stellari, le lenti gravitazionali (fenomeni in cui la luce di sorgenti distanti da noi viene deviata dal campo gravitazionale di un corpo più vicino) e la conformazione e proprietà di stelle e galassie.

Lanciata il 1 luglio 2023 da Cape Canaveral a bordo del Falcon 9 della Space X, Euclid è una delle missioni più ambiziose e promettenti dell’ESA. Osservando un terzo del cielo, permetterà di studiare la conformazione della materia per rispondere ad alcune delle domande più complesse sulla struttura e sull’espansione dell’Universo.

Abbiamo chiesto a Matteo Miluzio, astrofisico dell’ESA che lavora alla missione dal 2016, cos’è Euclid, da dove nasce, quali sono i suoi obiettivi e cosa significa lavorare a una missione spaziale.

Chi è Euclid e quando avviene il suo incontro con la missione?

Euclid è un telescopio spaziale. Riesce a fare qualcosa di più degli altri telescopi: è progettato per costruire una mappa tridimensionale della materia oscura nell’Universo. Per farlo sta ricostruendo la posizione delle galassie nello spazio di poco più di un terzo del cielo. Euclid dà anche il nome alla missione, nata per studiare l’espansione dell’Universo. Il mio incontro con Euclid è avvenuto nel 2016, mentre stavo svolgendo un post dottorato all’Istituto di Astrofisica delle Canarie. L’ESA aveva una posizione aperta per lo sviluppo di uno dei software che avrebbe analizzato i dati di Euclid; sono stato contattato e ho accettato il posto.

Qual è la domanda di ricerca da cui la missione ha preso vita?

L’interrogativo alla base della missione è: perché l’Universo, a un certo punto della sua storia, ha ricominciato a espandersi in maniera accelerata? Questa accelerazione è controintuitiva: per capire perché, è utile comparare il Big Bang a un’esplosione. All’inizio il materiale viene lanciato a velocità elevatissime che, man mano, diminuiscono. Negli anni ‘90 alcuni scienziati e scienziate hanno studiato l’espansione dell’Universo, chiedendosi in che modo stesse rallentando. Dalle osservazioni hanno però constatato, del tutto inaspettatamente, che l’Universo non stava rallentando ma si espandeva in modo accelerato. Le conclusioni a cui sono giunti indicano che, in un certo momento della sua storia, circa 5 miliardi di anni fa, l’Universo ha iniziato ad accelerare nuovamente la sua espansione.

Se c’è stata un’accelerazione vuol dire che un’energia si è attivata. Le teorie a oggi più plausibili ipotizzano che da quel momento l’energia oscura abbia iniziato ad avere un ruolo dominante nell’Universo. E per studiare l’energia oscura abbiamo bisogno di conoscere anche la materia oscura.

Hai detto che Euclid sta costruendo la mappa tridimensionale di un terzo del cielo. Perché conoscere la disposizione delle galassie nello spazio-tempo è così importante?

Guardare lontano significa guardare indietro nel tempo. Individuare la disposizione delle galassie ci permette di ricostruire la posizione della materia nell’Universo e quindi di osservarne l’evoluzione. La capacità osservativa di Euclid si spinge lontano fino a 10 miliardi di anni luce, permettendoci di osservare la disposizione della materia così com’era da 10 miliardi di anni fa a oggi. Avere chiara la disposizione della materia visibile permette di capire come, in questo enorme lasso di tempo, l’intero Universo è cambiato e si è espanso. In più, è fondamentale per cercare di individuare la materia oscura.

L’Universo è composto da due tipi di materia: ordinaria, cioè visibile, e oscura. Per individuare la materia oscura – che non è visibile – dobbiamo appoggiarci alla materia visibile. Mappare la disposizione delle galassie potrebbe quindi permetterci di individuare la materia oscura.

In che modo la materia visibile riesce a svelarci la posizione della materia oscura?

Per spiegarlo trovo molto efficace l’esempio dell’albero di Natale. Immagina di entrare in una casa che non è la tua. Sei in una stanza completamente al buio a esclusione di una serie di lucine accese, che riconosci immediatamente appartenere a un albero di Natale. Come hai fatto? Il cervello riesce a ricostruire la forma dell’albero a partire dalla disposizione tridimensionale delle luci. Ora immagina che le lucine siano le galassie e il tronco e i rami dell’albero siano la materia oscura. Osservando come sono distribuite le galassie possiamo ricostruire la disposizione della materia oscura. Le galassie infatti non sono disposte in modo casuale nell’Universo: possiamo immaginarle come poggiate su strutture composte da materia oscura. Queste strutture di materia oscura a loro volta non sono casuali, e il loro insieme viene definito ragnatela cosmica. Una volta individuata la disposizione della materia oscura nell’Universo, quindi nello spazio-tempo, potremo comprendere come si è espansa e capire quindi il ruolo dell’energia oscura.

Come è possibile, partendo dalla disposizione della materia oscura, capire il ruolo dell’energia oscura nei meccanismi di espansione dell’Universo?

Dalla distribuzione della materia oscura nello spazio-tempo possiamo ricavare informazioni sull’energia oscura, capendo in che modo ha espanso la materia, quindi l’Universo. Immagina un palloncino: se ci soffi all’interno questo si espande. Noi sappiamo che il palloncino si è espanso ma non abbiamo la minima idea di come l’espansione sia avvenuta. Per capire la dinamica possiamo andare a studiare l’aria, così da comprendere come l’energia dell’aria abbia agito sul palloncino. Allo stesso modo Euclid, mappando la disposizione della materia visibile e anche di quella oscura, ci permette di ricavare informazioni sui vari tipi di energia. In particolar modo, ci fa comprendere che ruolo può aver avuto l’energia oscura nell’espansione dell’Universo e, soprattutto, nella sua accelerazione.

Abbiamo visto quali sono le idee e le domande che danno vita a Euclid. Ma cosa significa lavorare a una missione spaziale? In cosa consiste il suo lavoro?

Mi occupo dello sviluppo di un software che esegue un’analisi rapida dei dati. Prima di procedere con le analisi profonde, in cui vengono esaminati tutti i dettagli presenti nelle immagini, è fondamentale assicurarsi che tutti i parametri siano all’interno dei range stabiliti. In caso di anomalie si verifica e si comunica il problema agli altri team, in modo che si possa agire tempestivamente. L’obiettivo è limitare l’impatto di eventuali errori, evitando che si propaghino ad altre osservazioni. Le mie analisi sono parte del processo necessario per garantire il massimo livello di controllo e la maggior riduzione d’errore possibile.

Le missioni spaziali riservano sempre imprevisti che stimolano la creatività del team, che siano problemi tecnici o dati inaspettati. Quali sono gli imprevisti più sfidanti con cui vi siete confrontati?

Uno degli imprevisti più inaspettati è stata la quantità di raggi cosmici che colpivano Euclid. I raggi cosmici sono particelle ad alta energia che vagano per il cosmo, prodotte da stelle come il Sole, esplosioni di supernove o buchi neri. È normale ritrovarle nelle immagini dei telescopi, dal momento che impattano con il detector. Queste particelle caratterizzano le immagini astronomiche di qualsiasi telescopio e solitamente vengono eliminate nella fase di pulizia delle immagini. Nel caso di Euclid ci sono stati un paio di problemi impegnativi.

Uno di questi era rappresentato dal fatto che i raggi cosmici hanno generato una serie di falsi segnali nelle osservazioni che hanno portato a un problema di puntamento; per fortuna è stato risolto aggiornando il software di Euclid. Un altro problema ha riguardato l’accessibilità dei dati. Ci sono state difficoltà nello scaricare e nel pulire le immagini che provenivano da osservazioni caratterizzate da una presenza molto elevata di raggi cosmici. Non ci aspettavamo tale quantità, ma considerando che ci troviamo in un periodo di massima solare, in cui l’attività della nostra stella è molto forte, è ragionevole doverci fare i conti.

Quanto è stato emozionante veder partire Euclid il 1 luglio 2023?

È stata un’emozione fortissima per tutti noi, di quelle che non ti dimentichi per tutta la vita. Direi quasi surreale realizzare di essere a pochi passi da dov’erano Armstrong e Aldrin, i primi astronauti a raggiungere il suolo lunare. Per me in particolare è stato un momento molto intenso perché con il mio progetto di divulgazione, Chi ha paura del buio?, mi trovo spesso a seguire in diretta su YouTube i lanci da Cape Canaveral. Quella volta poter essere lì presente è stato indescrivibile.