Pubblicato il 18/07/2025Tempo di lettura: 5 mins

Scienza, storia e politica internazionale sono da sempre strettamente intrecciate. In particolare, la fisica ha avuto un impatto decisivo sugli equilibri globali: dalla radioattività alla bomba atomica, dalle telecomunicazioni all’elettronica, fino alla relatività che rende possibile la precisione del GPS. Per questo, la libertà della ricerca scientifica va difesa anche attraverso la cooperazione internazionale, che la comunità scientifica ha sempre promosso come strumento di dialogo e fiducia tra Paesi. Esempi come il CERN o la Stazione Spaziale Internazionale lo dimostrano, così come i convegni scientifici, che favoriscono lo scambio di idee e la costruzione di reti tra ricercatori di tutto il mondo.

Pochi giorni fa, per esempio, si è conclusa STATPHYS29, la 29esima edizione del più importante convegno internazionale di fisica statistica, branca della fisica con una solida tradizione interdisciplinare che riesce a cogliere aspetti fondamentali dei sistemi complessi. L’evento principale del convegno ha avuto come cornice la città di Firenze, che ospitò la prima edizione nel 1949, ed è stato inaugurato con una lectio magistralis del Premio Nobel Giorgio Parisi. STATPHYS29 ha avuto anche una serie di eventi satellite disseminati in diversi paesi: Francia, Polonia, Svezia, Regno Unito solo per citarne alcuni. Questi eventi, in particolare, possono assumere una rilevanza fondamentale nella costruzione di comunità scientifiche locali ma connesse al resto del mondo soprattutto in paesi in crisi o in via di sviluppo.

Coagulare realtà frammentate

Per la prima volta nella storia di STATPHYS, per esempio, è stato deciso di portare un evento satellite in Africa, e più precisamente a Kigali, la capitale del Ruanda, dove l’International Centre for Theoretical Physics – ICTP ha un centro di ricerca, l’East African Institute for Fundamental Research (EAIFR). L’iniziativa ha coinvolto una sessantina di iscritti tra speaker e partecipanti, selezionati tra circa 130 candidature, provenienti da 18 paesi di cui 8 africani. Tra gli organizzatori dell’evento troviamo Fulvio Baldovin e Flavio Seno, entrambi provenienti dall’Università di Padova. «L’importanza di questi incontri accademici e quanto questi siano incisivi nella società viene molto sentita dagli studenti locali, fatto che li porta a partecipare in modo molto attivo e coinvolto durante gli eventi. Sicuramente il Ruanda è un caso particolare anche per la sua situazione politica. Dopo il genocidio del 1994 c’è stata una pacificazione generale e quando siamo venuti qui due anni fa per un sopralluogo abbiamo scoperto una realtà sorprendente: un paese in crescita con infrastrutture funzionali e una popolazione estremamente cordiale e accogliente», commenta il Seno.

«Il Ruanda è uno Stato molto intraprendente dal punto di vista politico e aspira a diventare il primo hub aeroportuale in Africa: può sembrare strano, ma per esempio i partecipanti provenienti dai vari paesi africani, per raggiungere il Ruanda, hanno dovuto fare scalo in Europa, perché non esiste un hub continentale. Pertanto questo paese sta investendo non solo a livello di infrastrutture ma anche in scienza e tecnologia», ribadisce Baldovin, che aggiunge: «La domanda che ci stiamo ponendo in questi giorni del Convegno riguarda la necessità di dare continuità a questo tipo di iniziative. La mia impressione è che serva rendere questi eventi continuativi nel tempo in modo che questa comunità scientifica si coaguli: le eccellenze esistono, ma sono ancora dei casi troppo isolati». Proprio per questi motivi è stato deciso al termine dell’appuntamento a Kigali di creare un Convegno africano di fisica statistica che coinvolga le varie realtà del continente con una cadenza biennale, in modo da consolidare la cooperazione tra i diversi stati africani.

La difficoltà di superare i confini

Anche paesi in guerra possono ospitare congressi internazionali: Lviv, conosciuta in italiano anche come Leopoli, in Ucraina, ha accolto quest’anno un altro evento satellite di STATPHYS29. Erik Aurell, professore del KTH Royal Institute of Technology a Stoccolma, ci racconta che«Uno dei motivi principali che ha portato a organizzare un meeting di STATPHYS in Ucraina è proprio il fatto che si trova in uno stato in guerra. A causa della legge marziale in vigore da febbraio 2022, gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni non possono oltrepassare i confini nazionali». E aggiunge: «Ovviamente, molti scienziati in attività di ricerca hanno un’età inferiore ai 60 anni, pertanto professori e ricercatori ucraini nel campo della fisica statistica e in generale in qualunque campo di ricerca non hanno la possibilità di recarsi a convegni internazionali e di incontrarsi di persona con i colleghi di altre nazionalità. La scelta è caduta su Lviv anche per diminuire la probabilità di rischi dovuti ad attacchi militari e per la maggiore vicinanza ai confini occidentali».

Da quando è iniziata la guerra, infatti, lo spazio aereo nei cieli dell’Ucraina è chiuso e di conseguenza, non essendoci voli diretti, gli unici mezzi di trasporto disponibili rimangono quelli di terra come i bus di lunga percorrenza. «Il problema principale è stato oltrepassare il confine; una volta entrati nel territorio nazionale non ci sono state problematiche relative ai trasporti. C’è stato anche un allarme la notte prima del convegno, fortunatamente senza conseguenze», continua Aurell. Nonostante questo, tuttavia, il meeting è stato un ‘normale’ convegno di professori e ricercatori accademici – ma per un paese in guerra come l’Ucraina questo non è affatto banale. «Credo che il maggiore contributo dato alla comunità scientifica di uno Stato in guerra sia stato dimostrare che la ricerca può preservare il futuro in modo che ci sia qualcosa per cui valga la pena lottare. Abbiamo dimostrato che nonostante tutto la ricerca scientifica continua e gli scienziati in un contesto di guerra ne fanno parte anche se si possono sentire isolati» conclude Aurell. «Questo tipo di eventi aiutano anche a ricordare che ci sarà un mondo dopo i conflitti e che non è importante solo vincere la guerra, ma anche vincere la pace».
 

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