Nel 2006 la centrale geotermica costruita da Geopower Basel, nella zona industriale di Basilea fu costretta a chiudere. La stimolazione idraulica del sottosuolo aveva infatti causato un terremoto di magnitudo 3,4 in una zona sismicamente silenziosa, provocando danni agli edifici e spaventando la popolazione. La zona era particolarmente favorevole per una centrale del genere. A cinque chilometri di profondità la temperatura era già di 200 gradi centigradi, e il sito era facilmente raccordabile alla rete elettrica cittadina. Il livello di accettazione sociale e politica era giudicato alto. Ma il terremoto fece cambiare idea ai basilesi.
La stimolazione idraulica consiste nell’iniettare acqua o altri fluidi a qualche chilometro di profondità per fratturare la roccia e renderla più permeabile. In questo modo è più semplice estrarre il calore presente nella crosta terrestre. È una tecnica presa a prestito dall’industria del gas e del petrolio dove è conosciuta con il nome di fracking.
Siti come questo si chiamano enhanced geothermal systems – in italiano sistemi geotermici migliorati. L’acqua viene iniettata nel sottosuolo tramite pozzi che raggiungono le zone calde della crosta, si propaga attraverso le fratture prodotte dalla stimolazione assorbendo calore e viene poi estratta da altri pozzi.
Credit: Utah-FORGE.
Un gruppo di ricercatori ha sviluppato un algoritmo di machine learning che permette di prevedere come varierà la permeabilità della roccia durante il processo di stimolazione a partire dalla magnitudo dei terremoti. L’algoritmo è stato allenato sui dati raccolti da due centri di ricerca negli Stati Uniti. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications.
«Se, quando si iniettano fluidi nel sottosuolo per motivi industriali o di altro tipo, si provocano terremoti, allora si mette in pericolo la vita delle persone e l’ambiente», spiega Chris Marone, geofisico alla Sapienza, Università di Roma, e uno dei coordinatori dello studio. «Quindi quello che interessa sempre sapere è: quanto posso pompare senza provocare un forte terremoto? In questo lavoro in particolare ci siamo chiesti: come faccio a conoscere la relazione tra il volume di iniezione del fluido e la sismicità, in modo da poter prevedere l’uno dall’altro?»
Poter prevedere la sismicità indotta in un sistema geotermale migliorato è cruciale per sfruttare questa fonte di energia rinnovabile. Un gruppo dell’Università di Stanford ha confrontato rischi e benefici dell’installazione di sistemi geotermici in diverse località della Svizzera e dello stato dello Utah negli Stati Uniti d’America – un’altra regione con alto potenziale geotermico. L’analisi ha indicato che la popolazione preferisce centrali piccole e collocate in aree rurali scarsamente popolate, soprattutto perché il rischio della sismicità indotta è percepito superiore al beneficio derivante dalla riduzione dell’emissioni di gas a effetto serra.
Gli autori del nuovo studio hanno sfruttato i dati raccolti da due centri di ricerca negli Stati Uniti, uno nel deserto dello Utah, trecento chilometri a sudovest di Salt Lake City, e l’altro in una miniera d’oro riconvertita a Lead, nel South Dakota. Entrambi i centri sono stati finanziati dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, nell’ambito di un piano per sviluppare le fonti geotermiche di energia. Oggi l’energia geotermica soddisfa l’1% del fabbisogno globale, ma l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) prevede che nel 2035 raggiungerà l’8%.
I dati dei due centri statunitensi sono di alta qualità, soprattutto per quel che riguarda il monitoraggio sismico, e sono condivisi con la comunità scientifica in tempo quasi reale. Allo Utah-FORGE, per esempio, ci sono sensori sismici installati a 5 chilometri di profondità in diversi pozzi adiacenti a quelli di iniezione, per poter rilevare terremoti debolissimi e stabilirne la posizione con accuratezza.
Gli autori dello studio hanno scelto una rete neurale con un’architettura (il modo in cui sono connessi i nodi tra loro) che permette di descrivere segnali che hanno una dipendenza l’uno dall’altro ma con una certa latenza temporale.
La stimolazione di un campo geotermale avviene per step successivi, in cui il ritmo e la pressione di iniezione dei fluidi nel sottosuolo aumenta progressivamente. Man mano che questo avviene si aprono delle fratture nella roccia che causano dei terremoti molto deboli. Le reti di monitoraggio dei due siti considerati possono rilevare terremoti fino a magnitudo momento pari a -2 (la magnitudo momento può essere negativa perché è legata tramite un logaritmo al momento sismico, che è in sostanza l’energia necessaria ad aprire la frattura nella roccia) e al tempo stesso di seguire il fronte della rottura, registrando i punti di origine delle onde sismiche.
Dai dati su ritmo e pressione di iniezione e sulla localizzazione dei terremoti i ricercatori hanno potuto ricostruire l’evoluzione temporale della permeabilità.
Considerando solo le fasi iniziali della stimolazione, i ricercatori hanno allenato l’algoritmo a indovinare la permeabilità istante per istante usando solo il tasso di occorrenza e la magnitudo cumulata dei terremoti. L’algoritmo così allenato si è dimostrato capace di prevedere la progressione della permeabilità anche durante fasi successive della stimolazione.
«Da un lato, la nostra rete neurale consente di utilizzare la sismicità per capire quando è stata creata una permeabilità sufficiente per generare energia geotermica. Dall’altro lato, però, può rispondere a una domanda più fondamentale, ovvero: “Possiamo realizzare questo progetto?”, “Possiamo continuare a creare fratture ed estrarre energia geotermica o rischiamo di provocare un terremoto che causerà gravi danni?”» ha commentato Marone.
Gli autori hanno anche mostrato che allenando la rete sui dati dello Utah-FORGE, sono in grado di riprodurre in modo soddisfacente anche quelli dell’altro sito, l’EGS-Collab in South Dakota, dopo una breve fase di fine tuning (questa tecnica si chiama transfer learning).
La ragione di questa trasferibilità risiede probabilmente nel fatto che i fenomeni in gioco possono essere descritti dalle equazioni della fluidodinamica. «Partendo dalle equazioni di base della fluidodinamica si vede che la permeabilità dipende linearmente dall’ampiezza della frattura aperta, e quest’ultima è legata al momento sismico tramite la superficie trasversale della frattura e la rigidità della roccia», spiega Marone.
Una volta stabilita la fattibilità di un EGS, il modello sviluppato da Marone e coautori potrebbe anche essere utilizzato per ottimizzare il processo di stimolazione.
Il settimanale The Economist ha titolato recentemente “Il tempo dell’energia geotermale è finalmente arrivato”, sottolineando come i progressi nelle tecniche di perforazione abbiano portato a una riduzione dei tempi e dei costi tale da rendere questa fonte di energia rinnovabile competitiva con il solare e l’eolico. A differenza di questi, le rocce nel sottosuolo sono calde 24 ore su 24, la soluzione perfetta per il consumo energetico incessante dei data center. Anche per questo Google e Meta stanno investendo nel settore geotermico.
Ci si può quindi aspettare che l’approccio proposto nel nuovo studio si traduca in nuove pratiche operative per lo sviluppo degli EGS? «Se tornassimo indietro di un anno, diciamo prima dell’attuale amministrazione degli Stati Uniti, penso che avrei riposto molte speranze in un rapido progresso in termini di trasformazione della scienza in applicazione industriale. Ora sono molto meno sicuro, perché la scienza negli Stati Uniti è in uno stato caotico.»
«Lo studio introduce concetti che potrebbero essere utilizzati per selezionare potenziali campi geotermici che siano anche sicuri», commenta Ryan Schultz, che guida il gruppo di sismicità indotta del servizio sismologico svizzero, presso l’ETH di Zurigo. «Tuttavia», fa notare Schultz, «lo studio ha adottato una prospettiva opposta: partire dai terremoti e poi ipotizzare di quanto fosse aumentata la permeabilità del sottosuolo e la possibilità di invertire l’algoritmo deve essere dimostrata.»
«L’invertibilità non è garantita», concorda Marone, «ma è in genere un problema più semplice una volta che si sa fare previsione in una direzione», aggiunge.
Perché un modello come quello sviluppato da Marone e collaboratori possa aumentare l’accettabilità da parte della popolazione, «è importante dimostrarne l’affidabilità con dati raccolti in siti diversi, testarli prima in aree scarsamente popolate e spiegare chiaramente le incertezze», afferma Schultz e aggiunge «questo è quello che ci ha insegnato l’esperienza di Basilea e che stiamo tenendo in considerazione nel nuovo progetto geotermico in Haute-Sorne (nel cantone del Jura, n.d.r.).»
Marone e i suoi collaboratori hanno già messo alla prova il loro modello su nuovi dati, quelli raccolti dal laboratorio che l’ETH di Zurigo gestisce in un ex tunnel ferroviario nella Val Bedretto, a pochi chilometri da Basilea. I risultati, in corso di pubblicazione, sono incoraggianti.
Al di là delle applicazioni, lo studio potrebbe aumentare la conoscenza di base dei processi di frattura. «Continuare a dimostrare la validità del metodo con altri dati e in altri siti, come nel caso del nostro laboratorio in Val Bedretto, è un primo passo importante in questa direzione», conclude Schultz.






