Confrontarsi a tu per tu con un esperto, ma solo finché non suona il campanello.
Forse non ti aspetteresti, a un convegno che tratta temi come “le prospettive degli Science & Technology Studies sulla partecipazione pubblica” e “il museo come medium privilegiato di comunicazione della scienza”, che sia prevista una sessione di speed date: sì, proprio gli “incontri lampo” multipli, in origine nati per verificare in fretta tra quali diversi potenziali partner può scoccare la scintilla. E invece ci saranno anche gli speed date, ed è la prima volta, al Convegno Internazionale sulla Comunicazione della Scienza che si terrà alla SISSA di Trieste tra poche settimane. Nei Networking Speed Date ai partecipanti saranno concessi pochi minuti, in cui a turno potranno incontrare a tu per tu professionisti della comunicazione in diversi campi, per confrontarsi su temi specifici: progettazione europea, linguaggi creativi, ricerca, produzione multimediale… Per condividere esperienza, porre domande mirate, creare nuove connessioni. Far scoccare scintille, in fondo, anche in questo caso. Naturalmente pronti, appena suona il campanello, ad alzarsi per lasciare il posto al prossimo.

Una novità, in un programma che offre come sempre molte forme di incontro: dialoghi, “mosaici” (brevi talk seguiti dall’interazione con il pubblico), tavole rotonde, laboratori interattivi, oltre alle conferenze plenarie in Aula magna in cui tutto il resto si ferma.

Ci aspetta dal 2 al 5 dicembre a Trieste la quattordicesima edizione del Convegno sulla Comunicazione della Scienza, organizzato dal Laboratorio Interdisciplinare della SISSA e nato nel 2002 per favorire il confronto tra studiosi e professionisti. Scienza in rete partecipa come partner della comunicazione anche quest’anno.

Anno peraltro in cui il Convegno si tiene in un frangente critico, in cui il vero e proprio dichiarato attacco alla scienza scatenato dall’amministrazione Trump pone chi si occupa di scienza e di comunicarla in una posizione al tempo stesso difficile, rischiosa e stimolante.

Insieme a Nico Pitrelli, direttore del Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA di Trieste e responsabile scientifico e organizzativo del Convegno, abbiamo provato a identificare alcuni dei fili rossi che attraversano il programma di quest’anno.

Che cosa ti aspetti da questa edizione del Convegno?

«Quello che sta succedendo negli Stati Uniti, ma non solo, è una sfida per noi che facciamo, riflettiamo, pratichiamo la comunicazione scientifica. Ed esige un ripensamento profondo sull’identità di chi si occupa di scienza. Un primo aspetto su cui rifletteremo è che questo tipo di sfida non è qualcosa di lontano. Ci troviamo di fronte a manipolazioni, a polarizzazioni, a un ingresso a gamba tesa di interessi politici che interferiscono con la ricerca scientifica e tecnologica, come forse raramente è accaduto nella storia della scienza. Non per nulla abbiamo invitato la storica della scienza Naomi Oreskes, che è la vera protagonista dell’edizione di quest’anno: da tempo denuncia in modo molto dettagliato e documentato le strategie di disinformazione e delegittimazione degli scienziati legate ai grandi interessi economici, a partire dalle campagne di negazione dei danni da tabacco e del cambiamento climatico».

Adesso la situazione è forse ancora peggiore…

«Oggi siamo di fronte non solo a un attacco esplicito alle istituzioni scientifiche e ai finanziamenti pubblici: è il ruolo stesso della competenza scientifica nel processo democratico che è messo in discussione. Quindi non è solo disinformazione o negazionismo, è la messa in discussione di un patto che sembrava bipartisan. A partire dagli Stati Uniti, che hanno definito la science policy dalla seconda guerra mondiale in poi, oggi è stato messo in discussione il patto fra scienza e società. Naomi Oreskes, nella recente riedizione del saggio Mercanti di dubbi, ci ricorda che se queste strategie in sé non sono una novità, però la novità è in una pervasività dei disturbi dell’informazione senza precedenti. Ma c’è anche qualcosa di più profondo, ovvero l’adesione aperta da parte del potere politico alle strategie da tempo perseguite dal potere economico. Le tattiche usate dall’industria del tabacco per negare il legame con il cancro, replicate su clima, piogge acide, buco dell’ozono, oggi sono politiche governative ufficiali. La manipolazione dell’opinione pubblica è diventata censura governativa. Questo convegno vuole offrire l’occasione di leggere il presente attraverso la lente della comunicazione della scienza e chiedersi quale ruolo possiamo e dobbiamo avere di fronte a queste dinamiche».

Siamo in qualche modo spinti a cambiare ruolo?

«La comunità dei comunicatori scientifici sta riconoscendo la necessità di uscire dalla “comfort zone” della divulgazione intesa come un atto neutro che si limita a riportare i fatti. C’è una crescente consapevolezza che comunicare la scienza oggi richiede coraggio e significa prendere posizione su determinati valori e su diverse visioni di società. La comunicazione scientifica viene vista sempre più come un atto politico, che esige una riflessione sulla sua non neutralità».

La comunità dei comunicatori scientifici sta riconoscendo la necessità di uscire dalla “comfort zone” della divulgazione intesa come un atto neutro che si limita a riportare i fatti.

Il convegno è un’ottima occasione per discuterne…

«Il tema emerge in diversi incontri, in quelli in cui si parlerà ad esempio di come comunicare la scienza quando tornano ideologie autoritarie, o del rapporto fra attivismo e neutralità nell’interesse pubblico, di come il sapere scientifico può diventare leva per la giustizia ambientale e sanitaria (secondo il pensiero di Pietro Greco), dei rapporti tra scienza e politica all’epoca di Trump. E dato che molti dei temi di questo tipo discussi al convegno emergono dalle proposte bottom up, ovvero scelte tra quelle inviate dai partecipanti, è evidente che esprimono l’emergere di una nuova sensibilità. Non è un caso, del resto, se diversi incontri si occupano di impatto sociale della comunicazione scientifica, a partire dai festival scientifici, e di come misurarlo. La misurazione dell’impatto è un problema strutturale molto dibattuto: in realtà la comunità di chi riflette su queste cose ha sviluppato delle idee più sofisticate per valutare la qualità dell’impatto, oltre alle metriche quantitative generiche. Misurare l’impatto della comunicazione scientifica non significa solo valutare quanto le persone abbiano partecipato a un evento e quanto abbiano capito o appreso. Significa osservare che cosa cambia davvero: nelle conoscenze certo, ma anche nelle emozioni, nei comportamenti e nel modo in cui la scienza entra nel discorso pubblico. Include anche la qualità della comunicazione: quanto è stata inclusiva, equa, etica. In altre parole, misurare l’impatto significa capire quanto la comunicazione trasforma la scienza in un linguaggio condiviso, uno spazio di cultura e non solo un insieme di dati da trasferire».

Tutto questo avvicina il ruolo del comunicatore scientifico a quello dell’attivista?

«Il legame tra comunicazione scientifica e attivismo è un tema emergente e maturo all’interno della comunità. Questo sarà anche il tema di uno degli incontri, che vuole stimolare il dibattito su quale sia il ruolo più efficace del comunicatore scientifico nei rapporti con cittadinanza, istituzioni e società civile. Viene riconosciuto che le dinamiche attuali implicano la necessità di definire un ruolo attivo, sebbene ciò sollevi la sfida di come mantenere credibilità e rigore se si è percepiti come attivisti: non a caso in un altro incontro discuteremo anche delle competenze necessarie a svolgere questo lavoro. È un tema sempre cruciale capire chi sia il comunicatore scientifico di oggi e quali competenze debba possedere cercando di stabilire standard condivisi e di definire come la comunicazione scientifica debba essere insegnata. E poi, in senso molto pratico, questo come si traduce ad esempio in modi efficaci per comunicare la scienza in un clima polarizzato?».

In questo contesto anche la partecipazione dei cittadini diventa un tema molto importante

«Questo tema è un altro dei fili rossi al Convegno. La direzione è quella di enfatizzare la partecipazione, andando oltre la comunicazione unidirezionale. La comunicazione scientifica significa sempre più creare situazioni e piattaforme che rendano la governance dei problemi tecnoscientifici e del sapere più aperta, inclusiva e condivisa. Il settore degli Science&Technology Studies, cui è dedicato una plenaria, cerca di rispondere alla domanda su come rendere i processi decisionali su scienza e tecnologia più aperti, inclusivi e partecipati. E ci sarà spazio per riflettere su strumenti come la Citizen Science, le pratiche di progettazione, i giochi di simulazione come strumenti di apprendimento collettivo».

La comunicazione scientifica significa sempre più creare situazioni e piattaforme che rendano la governance dei problemi tecnoscientifici e del sapere più aperta, inclusiva e condivisa.

Quello che si delinea attraverso il Convegno lo consideri un momento di svolta per la comunicazione scientifica?

«Posso dire che siamo in un momento di maturità critica della comunicazione della scienza italiana: da una parte la comunità è consapevole delle proprie contraddizioni, dall’altra è aperta a contaminazioni, estremamente evidenti anche dai tanti ambiti e metodi coinvolti nel Convegno. È preoccupata per la sostenibilità economica e professionale, ma è cosciente anche che in tempi di attacco sistemico alla scienza non si può più essere soltanto un osservatore neutrale. Se vogliamo trovare un filo rosso forte del convegno credo che sia proprio questa ricerca di una nuova identità per la comunità in Italia».

Ci sono altri temi strutturali al centro di altri incontri?

«Discuteremo diverse preoccupazioni strutturali relative alla professione del comunicatore scientifico: a partire dalla sostenibilità economica e professionale del settore per arrivare alle già citate discussioni sulla valutazione dell’impatto e sulle competenze professionali, passando per la possibile bolla che potrebbe esplodere con la fine dei fondi legati al PNRR, tema di uno degli incontri, moderato dalla divulgatrice scientifica Beatrice Mautino».

Le iscrizioni al Convegno sono aperte fino al 25 novembre e il programma completo – così ricco e articolato che è impossibile sintetizzarlo in poche righe e contiene molto di più di quanto accennato finora – si può consultare sul sito della SISSA.