Dopo due proroghe e un’attesa durata qualche mese, il Ministero della Salute ha rilasciato finalmente la lista dei 30 membri non di diritto nominati a far parte del 21° Consiglio superiore di sanità (Css). Il Css è l’organo consultivo del ministro della Salute: un attore istituzionale, quindi, che può avere un peso importante nell’orientare le scelte per la salute del Paese. Un attore con una lunga storia. Costituito nel 1847 nel Regno di Sardegna, come Regio Consiglio superiore di sanità, con il compito di “vegliare alla medicina” e a tutte le discipline associate, venne ereditato prima dal Regno d’Italia e successivamente dalla Repubblica. Fino al 1958, quando venne istituito il Ministero della Sanità, il Consiglio era un organo del ministero dell’interno.

Il Css non si limita a rispondere alle richieste del dicastero a cui oggi appartiene ma ha anche compiti propositivi, in particolare su tutto ciò che riguarda l’igiene e la salute pubblica, come ha messo bene in luce l’onerosa attività del precedente Css nel corso della pandemia di Covid-19. Tuttavia le sue funzioni vanno declinate in accordo con i bisogni di salute pubblica attuali nell’ambito delle cinque sezioni in cui è diviso al suo interno (Sezione I: pianificazione di sistema ed economica in ambito sanitario; innovazione
e ricerca; sviluppo di nuovi modelli di servizio nel Servizio sanitario nazionale. Sezione II: strutture, servizi e professioni sanitarie; emocomponenti, vaccini, trapianti e terapie innovative. Sezione III: prevenzione primaria e secondaria, compresa quella delle malattie diffusibili, medicina di genere, stili di vita, salute mentale, malattie cronico-degenerative, profili giuridici in sanità. Sezione IV: sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali, alimenti di origine animale, ambiente e tutela della biodiversità, istituti zooprofilattici sperimentali, innovazione e ricerca nella sanità animale. Sezione V: farmaci e dispositivi medici; farmacologia). 

La composizione del Css rappresenta quindi non solo la squadra del ministro caratterizzata dalle competenze dei membri nominati per far fronte ai bisogni prevalenti attuali e a quelli che insorgeranno durante il mandato, ma è anche espressione di un programma di intenti da parte del ministro: aree, temi, bisogni di attenzione per cui si sono raccolte le migliori competenze necessarie per ottemperare le finalità di un programma che è anche politico. 

Quali bisogni di salute per l’Italia di oggi?

È una lettura distorta, non appropriata? Forse, ma utile per riflettere a partire dalla composizione del nuovo Css, su alcuni dei bisogni di salute pubblica della popolazione italiana a cui i precedenti Css sono stati disattenti.

Vediamola, allora, questa composizione: il nuovo Css comprende sette donne, meno di un quarto delle nomine, tre in meno del precedente. La metà, cioè, di quell’equilibrio di genere o del “riequilibrio della rappresentanza di genere” previsto dal Dipartimento per le pari opportunità

Se sono le competenze e la qualità del lavoro svolto i criteri prevalenti della scelta nel mondo della sanità, la rappresentanza di genere non dovrebbe essere un limite, per alcune specialità; anzi, le donne con questi criteri sono addirittura più numerose degli uomini. 

La realtà, però, è altra cosa e un riequilibrio sarebbe più che auspicabile. Una questione, quella del genere, che non si limita ovviamente alla rappresentanza in organismi vari, ma ai disturbi associati all’identità di genere (disforia/incongruenza) che creano sofferenza, stress e disagio, con ripercussioni sul benessere emotivo e psicologico (ansia, depressione e autolesionismo). La prevalenza del disturbo è aumentata significativamente nei bambini e nei giovani, in particolare tra le donne (dovrebbero essere oltre 50.000 gli italiani e le italiane che ne soffrono): una domanda che la salute pubblica pone e a cui bisognerebbe rispondere in modo appropriato.

Opportunità che necessitano di altre visioni, come il non limitarsi a restringere il campo pescando solo nella riserva dell’accademia, sia essa pubblica o privata. 

La distribuzione per area geografica delle istituzioni dei membri eletti non copre tutte le Regioni, rispecchiando la disomogenea collocazione degli Irccs o degli ospedali specialistici di riferimento, determinata non dai bisogni di prossimità dei cittadini, ma da altri interessi e ragioni. Comunque, questa volta c’è anche un sardo, l’epidemiologo sassarese Sotgiu a rappresentare l’Italia insulare insieme all’oculista palermitana Maria Elena Bonfiglio, per poi iniziare a risalire la penisola con il geriatra reggino Filippo Fimognari. Cinque i volti napoletani nella nuova squadra del Css come cinque sono le nomine padane. 

Alcune perplessità sui criteri di nomina ovviamente sorgono sempre in Italia, pensando che le indicazioni di scelta siano giunte dai partiti politici o per altre comunanze. 
Tutto questo è ovviamente irrilevante rispetto ai compiti che i membri saranno chiamati ad affrontare e alle competenze indiscusse che metteranno in campo: si scelgano effettivamente i migliori e se ne valuti l’operato rispetto al mandato e al programma di lavoro. 

Salute diseguale

Comunque, le disuguaglianze di salute hanno un impatto sulla qualità della vita e sulla produttività della popolazione; l’autonomia regionale non contribuisce a ridurle o contenerle, ma una politica di contrasto alle diseguaglianze dovrebbe essere tra i mandati del Css. Le differenze di aspettativa di vita, morbilità e accesso ai servizi sanitari tra le regioni del Nord e del Sud sono ampie e tendono ad allontanarsi ulteriormente e a cronicizzarsi. In Italia come in tutti i paesi con elevate risorse la salute è distribuita in modo disuguale. Queste disuguaglianze hanno cause e meccanismi d’azione che sono in parte noti ed evitabili, alcuni rimandano a responsabilità delle politiche, sanitarie ed extrasanitarie. Intervenire per ridurle è un obiettivo necessario per migliorare la salute pubblica nazionale, un segnale stradale comune a tutte le cinque sezioni del Css, ma che non emerge dalla lettura della composizione. 

Nascere nel posto sbagliato

Le disuguaglianze sono divari territoriali già a partire dalla nascita con un tasso di mortalità infantile doppio in Calabria rispetto a quello della Toscana, una situazione cronica di diritti negati. Disuguaglianze che accompagnano la crescita anche con la necessità di migrare al Nord per ricevere cure. Disuguaglianze che sono anche disattenzioni, quando non disinteresse, e da tempo, costatando la mancanza di un Irccs pediatrico multifunzionale al di sotto di Roma. Non sorprende quindi la mancanza nella nuova composizione del Css delle competenze della pediatria, cosa che rende difficile sperare che questa sarà un’area prioritaria di lavoro. 

Sorprende, invece, la mancanza di uno sguardo neuropsichiatrico alla salute pubblica, in un momento di acuzie del disagio adolescenziale, che inizia prima e non è solo di pertinenza psichiatrica. Un trend in crescita, documentato da tempo (Se fosse cancro ci sarebbe una protesta, ma è salute mentale). Una criticità che rappresenta l’urgenza di sviluppare e implementare al più presto buone pratiche per garantire la continuità delle cure dei bambini e ragazzi con disturbi del neurosviluppo e supporto alle loro famiglie, nonché facilitare una omogenea distribuzione di buone prassi organizzative su tutto il territorio nazionale. Sì, perché anche il passaggio alla maggiore età, dal servizio pediatrico a quello dell’adulto, rappresenta per molti pazienti con disturbi cronici, non solo psichiatrici, e in particolare quelli residenti nelle regioni meridionali, difficoltà al prosieguo delle cure, arrivando fino all’abbandono. 

I chiamati e gli esclusi

La Federazione Nazionale degli Ordini Veterinari Italiani (Fnovi) «Esprime profonda perplessità e forte disapprovazione per la mancata nomina di un medico veterinario all’interno del rinnovato Consiglio superiore di sanità».  La Società Italiana di Genetica Umana (Sigu) auspica che il Ministero della Salute possa riconsiderare la composizione del Consiglio superiore di sanità integrando la figura del genetista medico, al fine di massimizzare la tutela della salute pubblica anche in ambito preventivo. La Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo) ha invece espresso il proprio plauso per la nomina di due figure di rilievo del settore ginecologico: Nicola Colacurci, presidente emerito della Sigo, e Eleonora Porcu, confermata anche in questo mandato. Altri si aggiungeranno, schierandosi tra i soddisfatti o gli insoddisfatti, recriminando diritti e ruoli di categoria e competenze. Tutto comprensibile, ma da collocare in un contesto di salute pubblica. 

Noi siamo certi che le competenze di tutti i componenti del nuovo Css sapranno far fronte alle esigenze della sanità pubblica e di ampie aree della popolazione, vogliamo solo ribadire che gli interventi che si realizzano nei primi tre anni di vita sono quelli che incideranno sulla salute dell’intera popolazione adulta. In questo preciso arco temporale, i primi mille giorni di vita, si strutturano il microbiota intestinale, le reti neuronali, i meccanismi epigenetici. È lì che la povertà, l’inquinamento, l’alimentazione e gli stili di vita errati lasciano il segno. L’incidenza di povertà assoluta più elevata si osserva tra i minori di 18 anni: il 14% di bambini, bambine e adolescenti sono poveri, 1 minore su 7, e sono soprattutto al Sud. La povertà è un importante determinante della salute delle persone  e delle comunità. 

Garantire la salute in carcere

Nei giorni scorsi è uscito Senza respiro, il XXI Rapporto dell’Associazione Antigone sulle condizioni di detenzione in Italia: una fotografia lucida di un sistema penitenziario al collasso, dove detenuti, operatori e istituzioni sono sempre più in affanno. Al 30 aprile 2025 i detenuti in Italia erano 62.445, a fronte di una capienza regolamentare di 51.280 posti. Il tasso reale di affollamento è del 133% (Milano San Vittore 220%, Foggia 212%, Lucca 205%), con circa 16.000 persone che non hanno un posto regolamentare.

Ma il sovraffollamento non colpisce solo le carceri per adulti. Per la prima volta nella storia interessa anche gli istituti penali per minorenni, dove sono 611 i ragazzi detenuti (di cui 27 ragazze).

Le persone in carcere presentano un quadro clinico specifico di morbilità che rappresenta un’opportunità per la sanità pubblica. In particolare, l’integrazione della salute in carcere nel sistema sanitario pubblico nazionale, la dotazione adeguata di risorse per l’assistenza primaria e i servizi di salute mentale e il miglioramento del collegamento con i servizi sanitari post-rilascio potrebbero influire sulla salute e sulla sicurezza pubblica. Al 30 maggio 2025 erano 110 le morti registrate in carcere nel corso dei primi 5 mesi del 2025, 34 suicidi e 76 per altre cause (malattia, overdose, omicidio, cause da accertare): un fallimento del ruolo punitivo della carcerazione. Garantire il diritto alla salute in carcere coinvolge competenze, operatori e istituzioni diverse, importanti per la salvaguardia dei diritti dei detenuti, le caratteristiche del trattamento, i poteri del magistrato di sorveglianza, la necessaria collaborazione inter-istituzionale. Ogni iniziativa all’interno del carcere ha un suo riscontro anche all’esterno, sulla famiglia, sulla comunità a breve, ma anche a lungo tempo. Così come va garantito il diritto alla salute a quelle poche decine di bambini innocenti che vivono in carcere con le loro mamme. 

La salute nelle carceri è un’area di pertinenza dell’igiene e della salute pubblica, quindi anche del Css. Non quello del Regno di Sardegna, ma quello della Repubblica Italiana del 2025.