Una notizia brutta e due belle. Quella brutta è che l’Organizzazione mondiale della meteorologia ha detto che è abbastanza probabile (al 70%) che la media della temperatura globale dei prossimi 5 anni sia superiore di 1,5°C rispetto al periodo preindustriale. Cioè quello che invece dovrebbe verificarsi nel 2100 e non nel 2030, secondo gli accordi climatici internazionali. Ma ogni decimo di grado in meno guadagnato conta, pertanto lungi dal gettare la spugna.
Le due buone notizie sono che forse la Cina ha raggiunto il suo picco di emissioni (e dal paese che emette più di tutti gli altri non è niente male) e che in California le energie rinnovabili e l’accumulo energetico stanno dando ottimi risultati.
La Cina è arrivata al picco di emissioni?
Carbon Brief ha condotto recentemente un’analisi in cui si mostra che, per la prima volta, «la crescita della produzione di energia pulita in Cina ha causato una riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2) del paese, nonostante la rapida crescita della domanda di energia». Le emissioni sono diminuite dell’1,6% su base annua nel primo trimestre di quest’anno e dell’1% in tutto l’anno passato fino a marzo 2025. L’aspetto importante, meglio ripeterlo, è che nel frattempo la domanda energetica è cresciuta.
In altre occasioni, la Cina – paese in forte espansione economica, che si è conquistato il pessimo primo posto di paese emettitore – aveva visto decrescere le proprie emissioni di gas serra. Ma era avvenuto a causa di crisi economiche che avevano letteralmente “chiuso i rubinetti” di CO2. Nel 2009 e nel 2012 c’era stata la crisi finanziaria globale, nel 2015 un crollo del settore edile e industriale sempre causato dalla crisi precedente. E nel 2022 il lockdown per la pandemia.
La testata avverte che siamo solo l’1% sotto il picco più recente, «il che significa che qualsiasi aumento a breve termine potrebbe portare le emissioni a un nuovo record». In ogni caso, è doveroso ricordare che questa riduzione è stata possibile grazie alle tecnologie energetiche rinnovabili. Per altro, le emissioni nel solo settore energetico sono diminuite del 2% nell’ultimo anno, proprio perché, in concomitanza, la crescita di produzione di energia rinnovabile «ha superato l’aumento della domanda di elettricità, sia attuale che a lungo termine, riducendo l’uso di combustibili fossili».
Il calo delle emissioni cinesi è generalizzato in tutti i settori economici importanti, per esempio, quello della produzione di cemento è diminuito del 27% dal 2021; l’unica eccezione è il carbone, usato per il settore chimico. Per raggiungere una stabilizzazione definitiva se non proprio un declino strutturale, Carbon Brief ricorda che la Cina dovrà sforzarsi ancora – e già fa molto – per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Sembra ora che la guerra commerciale di Trump stia spingendo il paese a investire nei consumi interni e ad aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili. Vedremo.
Accumulare si può: impariamo dalla California
La California Energy Commission, cioè l’agenzia per la pianificazione e la politica energetica della California, dice che, «dal 2018 al primo trimestre del 2025, la capacità di accumulo delle batterie in California è aumentata da 500 megawatt a oltre 15.700». Nel sito dell’agenzia ci sono l’elenco e la mappatura di tutti i punti di accumulo. Lo stato copre quasi un quarto della capacità di accumulo di tutti gli Stati Uniti, come ricorda l’Economist, e per altro sono previsti ulteriori 8600 megawatt entro la fine 2027. Per il 2045 l’obiettivo è arrivare a 52.000 megawatt.
La testata economica scrive che nella contea di Kern «dove il deserto del Mojave incontra le montagne della Sierra Nevada, sta sorgendo un corridoio di energie rinnovabili. Tra turbine eoliche, pannelli solari e alberi di Joshua, si trovano enormi batterie che sembrano container». Addirittura, la quantità di rinnovabili e batterie californiane ha fatto in modo che in alcuni casi, nonostante l’energia dello stato sia “solo” per il 54% rinnovabile, si riuscisse a soddisfare tutta la domanda con solare, idroelettrico ed eolico.
Anche il Texas è a buon punto con l’accumulo. Qui, «gli sviluppatori hanno colto l’opportunità dell’arbitraggio energetico», cioè «trarre profitto acquistando energia solare a basso costo e rivendendola a un prezzo più alto nelle ore successive». E l’Economist dice anche che nel 2024 il Texas ha superato la California come mercato dell’accumulo in più rapida crescita.
Nel sito del California Independent System Operator (CAISO) si può guardare praticamente in tempo reale da dove viene l’energia generata in California. Per esempio, questo è quello che vediamo nel momento in cui scriviamo questo articolo.
Alle 13 circa del 6 giugno 2025, più del 70% dell’energia californiana è rinnovabile.
Alle 13 circa del 6 giugno 2025, le batterie si stanno ancora ricaricando, per poi fornire l’energia immagazzinata verso sera.
C’è un’interessante analisi sul think-tank pv magazine USA che ipotizza che la California possa arrivare all’obiettivo di 52.000 megawatt molto prima del previsto, attorno al 2026. Nel testo si ricorda come gli sforzi californiani per le batterie siano aumentati dopo il 2019, quando si temeva che le ore di picco serale potessero mettere a rischio la stabilità della rete. Che infatti è molto migliorata: «Da allora, le batterie hanno sostituito una parte significativa della generazione serale, contribuendo a stabilizzare la rete elettrica di quella che oggi è la quinta economia mondiale». L’articolo riferisce un dato del Lawrence Berkeley National Laboratory: esistono «oltre 275 gigawatt di progetti di accumulo energetico in California a vari stadi di sviluppo», che basterebbero abbondantemente a raggiungere l’obiettivo del 2045.
Gli ostacoli da tenere in considerazione sono i soliti colli di bottiglia normativi e politici, come la politica dei dazi contro la Cina – che colpirebbe anche la catena di approvvigionamento dell’accumulo energetico – o lo smantellamento degli incentivi dell’Inflation Reduction Act di Biden promesso da Trump. Non dormiamo quindi sugli allori, perché si può cadere in qualsiasi momento, ma non dimentichiamoci nemmeno che la transizione energetica si può fare. Anzi, è iniziata da un pezzo.