Lo scorso 30 aprile, il Consiglio dei Ministri ha inserito attraverso una proposta di legge lo strumento del consenso informato preventivo da parte delle famiglie per la partecipazione dei figli ad attività legate a temi sensibili, come quelli Lgbtqia+ e legati all’educazione sessuale e affettiva, ma non solo. Il consenso informato preventivo prevede il diritto all’esonero da parte delle famiglie e a vedersi riconosciuta un’attività alternativa, pena l’impossibilità di svolgere il programma da parte della scuola.
È una mossa che va letta e collocata dentro una più ampia strategia internazionale perseguita in diversi Paesi, soprattutto negli Stati Uniti.
Le mamme d’America
Come evidenzia correttamente la storica Michelle Nickerson, la guerra ideologica che la destra americana porta avanti sul terreno della genitorialità risale ai tempi della Guerra Fredda. I suoi studi hanno indagato l’impatto e il ruolo delle madri repubblicane, in generale di destra, rispetto al conservatorismo americano, e hanno dimostrato come queste con il loro operato abbiano dato piena applicazione alla strategia maccartista nelle scuole pubbliche: un populismo casalingo, il cui scopo era bloccare l’uguaglianza sociale e l’avanzamento dei diritti civili attraverso il controllo degli istituti scolastici, dei programmi, dei libri, del personale scolastico, ecc.
Anche se nell’ombra, questo movimento non ha mai spesso di operare e oggi è incarnato da nuovi gruppi genitoriali, madri per l’esattezza, che stanno diventando un fenomeno preoccupante per dimensioni e obiettivi.
Un esempio sono le Moms of Liberty. Nate nel 2021, seguono una linea ultra conservatrice “anti gender” e no vax. Ricevute alla Casa Bianca a marzo 2025, sono state definite da Trump «la cosa migliore capitata in America». Diversamente, il Southern Poverty Law Center le classifica come minaccia e un’organizzazione estremista con lo scopo di dirottare le istituzioni pubbliche per bloccare il cambiamento culturale. La loro strategia è la conquista e il controllo dei consigli scolastici locali per controllare le politiche sull’istruzione. Anche le Mamme Bears o le Mogli dei Cavalieri Bianchi della Trinità, legate al Ku Klux Klan, si muovono nello stesso solco: il primato educativo delle famiglie, monopolio educativo, rispetto alla scuola e allo Stato.
Questi movimenti genitoriali sono nati come gruppi Facebook per diventare progressivamente protagonisti decisionali della politica americana, attraverso propri candidati eletti negli Stati, tanto da aver ottenuto per esempio in Florida la legge sui “diritti parentali nell’educazione” e in diversi Stati americani la messa al bando di decine di migliaia di libri nelle scuole e nelle biblioteche pubbliche, come denunciato dall’associazione PEN America. Stanno lavorando affinché il Congresso vari la “Carta dei diritti dei genitori”.
La strategia è chiara: parlare di presunti diritti dei genitori, e mai dei figli, è un catalizzatore di consenso, come afferma la filosofa Judith Butler, autrice di Chi ha paura del gender (Editori Laterza, 2024), che fa leva sulla sfera emotiva e istintiva di protezione per realizzare un preciso modello sociale suprematista, patriarcale e classista.
Un caso alla Corte Suprema
Per comprendere in modo inequivocabile come questi movimenti dettino l’Agenda presidenziale statunitense e la politica americana bisogna guardare attentamente al caso “Mahmoud contro Taylor”, discusso alla Corte Suprema il 22 aprile scorso, riguardante il diritto dei genitori di escludere i propri figli da lezioni in cui vengono proposti libri e fiabe a tema Lgbtqia+ nelle scuole pubbliche.
Il caso, presentato direttamente alla Corte Suprema senza essere stato giudicato nei tribunali inferiori, riguarda il cosiddetto diritto all’“opt out”, cioè all’esonero degli studenti su richiesta dei genitori quando gli argomenti trattati in aula confliggano con il proprio orientamento religioso, configurando nella negazione di questo presunto diritto una violazione del libero esercizio della propria religione ai sensi del I Emendamento (“La Corte Suprema esaminerà il caso sulle obiezioni religiose ai libri di fiabe Lgbtq+”,The New York Times, 17 gennaio 2025).
Il caso nasce da una richiesta avanzata da genitori cristiani e musulmani del Maryland sostenuti dalla Becket Fund for Religious Liberty contro le decisioni delle scuole pubbliche della Contea di Montgomery, appena fuori Washington.
Il cuore della questione che la Corte Suprema dovrà valutare – la decisone è attesa per metà giugno prossimo – è di estendere a tutte le scuole americane l’obbligo di notificare alle famiglie se gli studenti riceveranno lezioni con l’ausilio di libri che contengano tematiche Lgbtqia+, con la possibilità per i genitori di chiedere l’esonero, l’“opt out”, per i propri figli.
La questione nasce nel 2022, quando i Distretti scolastici americani avevano approvato l’utilizzo di questo genere di libri con l’obiettivo di rappresentare al meglio la diversità delle famiglie presenti nel territorio. Questa decisione aveva scatenato i movimenti anti scelta e fondamentalisti americani che in massa chiedevano alle famiglie di invocare l’esonero. Per questo nel 2023 il distretto del Maryland aveva annunciato di condurre una politica di divieto delle richieste di esonero, proprio perché la questione della sensibilità religiosa avrebbe potuto privare la scuola del suo dovere educativo di fornire strumenti interpretativi della realtà.
Nel 2024 la Corte d’ Appello della Contea di Richmond aveva respinto questa stessa istanza presentata da Becket Fund, ora alla Corte Suprema, con la motivazione che non vi erano elementi che dimostrassero la natura di indottrinamento di questi libri.
Nell’attesa di conoscere la decisone della Corte, dobbiamo tenere a mente due questioni importanti. La prima è la composizione dei membri della Corte Suprema, che proprio grazie al primo mandato Trump sono a maggioranza conservatrice, 6 su 9. Tra loro, il giudice Samuel Alito è noto per essersi espresso nel 2015 contro la decisione della Corte di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso e nel 2020 contro l’estensione dei Civil Rights Act del 1964 anche alle persone trans (“Usa, la Corte Suprema: Vietato licenziare qualcuno perché gay o trans”, La Repubblica, 15 giugno 2020).
A fargli da contraltare c’è la giudice democratica Elena Kagan. In sede di audizione, ha posto alla Becket l’obiezione sul fatto che se passasse questa linea di “opt out” per motivi religiosi si consentirebbe a genitori creazionisti di chiedere l’esonero per i propri figli da una lezione di biologia che parli di evoluzionismo con l’ausilio per esempio dei testi di Darwin. La seconda questione è che se la Corte, come si presume, dovesse dare ragione ai genitori si rischierebbe l’estensione della legge “Dont’say gay” vigente nello Stato della Florida guidato dal Governatore conservatore Ron De Santis, Stato apripista delle politiche dei diritti parentali, in tutto il Paese (“In Florida è vietato dire gay a scuola”, Il Manifesto, 13 marzo 2024).
La questione posta alla Corte sta diventando un caso nazionale soprattutto per opera del gruppo estremista Moms for Liberty, la cui influenza presso la Presidenza Trump gli sta regalando una visibilità e una capacità di proselitismo straordinaria.
Una strategia in atto anche in Italia
Questo vento torrido soffia dagli Usa verso l’Italia da tempo, nell’ambito di una strategia internazionale ed europea che sta portando i movimenti anti-scelta ad avere un ruolo determinante di revisione del compito della scuola pubblica.
Il diritto esclusivo dei genitori di gestire l’educazione sessuale e affettiva dei figli, senza interferenze da parte della scuola, accusata di aggirare la volontà delle famiglie e, a loro insaputa, inculcare nei giovanissimi la pericolosa “ideologia gender” è il cavallo di battaglia di ProVita & Famiglia, il più noto movimento anti-scelta italiano.
La campagna Mio. Figlio. No., lanciata alcuni mesi fa dall’associazione, sollecitava il Governo a intraprendere un’azione “efficace e vincolante” per tutelare il primato educativo dei genitori in questo settore, sollecitazione raccolta ora dal Ministro Valditara con il nuovo Decreto Legge.
Durante la conferenza stampa di presentazione della campagna di ProVita & Famiglia, il portavoce dell’associazione Jacopo Coghe ha detto: «Noi crediamo che nessuno debba entrare nelle scuole a fare educazione sessuale e affettiva, perché questo è un tema che riguarda i genitori. Immaginate cosa succederebbe se entrasse un’associazione che crede nel valore della castità prematrimoniale nelle scuole dei nostri figli. Ci sarebbe una levata di scudi perché non sarebbe una visione condivisa».
Affermazione smentita da un episodio di cui si è avuta notizia appena poche settimane dopo, ai primi di aprile. Il Liceo Eugenio Montale di Roma ha vinto il bando del Comune capitolino A scuola di parità per l’organizzazione di iniziative mirate alla promozione delle pari opportunità e alla prevenzione della violenza contro le donne, presentando un programma di educazione sessuale e affettiva in collaborazione con Progetto Pioneer, un’associazione pubblicamente sostenuta da ProVita & Famiglia. Il bando prevedeva che il progetto proposto fosse preventivamente approvato dal Consiglio di Istituto della scuola, un organo collegiale di cui fanno parte rappresentanti dei docenti, del personale amministrativo, dei genitori e degli studenti. Il dirigente del Liceo Montale, invece, ha agito da solo, senza coinvolgere il Consiglio di Istituto e quindi all’insaputa delle famiglie. Scoperto il vizio di forma, l’Assessorato alle attività produttive e pari opportunità di Roma Capitale ha infine revocato la vittoria.
Evidentemente non è poi così importante informare con chiarezza e trasparenza i genitori e ottenere il loro consenso quando i programmi che si vogliono introdurre nelle scuole sono “no gender theory”, come vengono definite le attività di Progetto Pioneer nel libro Nati per essere liberi, dello psichiatra Tonino Cantelmi (Paoline Editoriale Libri, 2015).
In un comunicato stampa pubblicato sul suo sito web, l’associazione afferma di essere “apolitica e aconfessionale”, ma basta sfogliare il saggio di Cantelmi per apprendere le sue idee di base: informare i giovani sulla contraccezione non riduce, ma anzi aumenta il rischio di infezioni a trasmissione sessuale, gravidanze indesiderate, aborti, abusi sessuali; l’autodeterminazione è incompatibile con l’appartenenza a un sistema valoriale; il femminismo ha reso le donne infelici allontanandole dalla maternità; non esiste il diritto di abortire.
Più che genuino interesse per le famiglie, la difesa del primato educativo dei genitori da parte dei movimenti anti-scelta sembra una strategia, a corrente alternata, utile per conquistare più spazio possibile nel settore dell’istruzione.