Negli ultimi anni, ciò che accade sulle due sponde dell’Atlantico appare come il riflesso di un modello strategico replicabile in ogni paese. Questa strategia, ben strutturata, mira a costruire una visione specifica della società e del futuro, richiedendo interventi mirati in ambiti chiave della vita delle persone. La crisi dei diritti umani e delle libertà fondamentali, come sottolineato da studiosi quali Justine Lacroix e Jean-Yves Pranchère, non è più solo una questione ideologica. Temi illiberali, nazionalisti e identitari stanno guadagnando terreno, lasciando un segno sempre più evidente sia nel quadro giuridico sia nel discorso pubblico internazionale ed europeo.
Organizzazioni come Transparency International hanno rilevato un aumento significativo dell’attività di gruppi come Heritage Foundation e Alliance Defending Freedom, soprattutto con il ritorno di Trump sulla scena politica. Questi gruppi esercitano una forte influenza sulle agende politiche di vari governi, tra cui quelli di Trump, Milei, Orban, Rama e Meloni, che condividono una visione sovranista e populista. L’obiettivo comune è la costruzione di “democrazie illiberali” e la restaurazione di un modello sociale patriarcale, razzista e classista. Da quando è diventata presidente Giorgia Meloni la Heritage Foundation ha messo radici anche a Roma, stipulando nel 2023 una partnership ufficiale con il Centro Studi Macchiavelli, organizzando eventi con l’associazione Nazione Futura che fa capo a Fratelli d’ Italia.
I diritti riproduttivi sotto schiaffo
Documenti emersi nel 2018 hanno mostrato come, già dal 2013, attivisti statunitensi ed europei avessero iniziato a sviluppare strategie per far retrocedere i diritti umani in materia di salute sessuale e riproduttiva in Europa. La strategia estremista denominata “Ristabilire l’Ordine Naturale: un’Agenda per l’Europa” mira a rovesciare leggi fondamentali su divorzio, contraccezione, tecnologie di riproduzione assistita, aborto, uguaglianza per le persone LGBTQIA+ e il diritto di cambiare genere senza ripercussioni legali. Il campo d’azione si è poi ampliato, includendo attacchi al diritto di migrare e di manifestare e alla scienza stessa.
La Heritage Foundation, influente think tank conservatore, ha avuto un ruolo determinante nell’indirizzare le politiche statunitensi, con Trump che durante il suo primo mandato ha seguito per circa il 64% le sue indicazioni. Con il ritorno alla Casa Bianca, molte policy contenute nel “Project 2025” sono state tradotte in azione attraverso gli ormai famigerati ordini esecutivi.
La battaglia anti-gender e la questione dell’uguaglianza di genere
Per capire la strategia complessiva possiamo esaminare la cosiddetta battaglia anti-gender o anti-woke, centrale nelle agende dei governi di estrema destra. L’ascesa delle ideologie di questa “Internazionale di destra” rappresenta una minaccia significativa all’ideale dell’eguaglianza di genere, colpendo in particolare le comunità LGBTQIA+. Anche all’interno dell’Unione Europea, alcuni stati membri contravvengono alle norme sull’uguaglianza, mettendo in discussione la credibilità dell’UE come leader globale in questo ambito. Negli Stati Uniti, il clima politico amplifica l’opposizione all’uguaglianza di genere. I partiti di estrema destra condividono una visione tradizionalista, promuovendo il ritorno ai valori familiari convenzionali, il controllo sui corpi delle donne e campagne coordinate contro aborto e movimenti femministi. Queste campagne riflettono un più ampio programma anti-femminista, centrale per una “Internazionale di estrema destra”.
L’ascesa del movimento di estrema destra e la mobilitazione transnazionale anti-gender si iscrivono tra le principali conflittualità socio-politiche dell’ultimo decennio e il loro ambito di azione parte dalla lotta all’autodeterminazione dei corpi e all’identità di genere per estendersi ad altri ambiti centrali per la restaurazione nazionalista sovranista. Utilizzano un approccio strategico che prevede l’integrazione della prospettiva “anti genere” nella sfera del potere e nella realizzazione delle politiche pubbliche: per esempio rivendicare la preservazione della famiglia tradizionale e dei tradizionali ruoli di genere è funzionale alla battaglia a difesa della nazione e dei connotati etnoculturali ascritti al popolo. La strategia di controllare i diritti riproduttivi delle donne può essere interpretata come un tentativo di regolare la composizione demografica ed etnica degli Stati. In Francia e Italia genitori ingaggiati da questi gruppi hanno organizzato proteste contro l’educazione sessuale nelle scuole, presentando la loro opposizione come resistenza all’“ideologia di genere”. Dal 2000, il movimento anti-gender ha acquisito slancio, con proteste in Croazia, Italia, Slovenia, Usa, Argentina e Francia contro l’educazione sessuale e i diritti delle persone LGBTQIA+.
La scuola è un campo di battaglia di questa strategia
Un elemento fondamentale di queste strategie è infatti l’istruzione pubblica. I gruppi politici di estrema destra hanno compreso, più delle forze opposte, che la scuola pubblica è un campo di battaglia strategico, sia dal punto di vista ideologico sia palingenetico.
La limitazione dell’espressione e dei finanziamenti imposta a scuole e università mira a contrastare la cultura e il pensiero critico. I movimenti anti-gender, sostenuti dall’estrema destra, vedono l’educazione al genere come una minaccia ai modelli familiari tradizionali e ai valori religiosi, cercando di bloccare programmi che promuovono uguaglianza di genere, affettività e contrasto alla violenza di genere, alla pluralità.
Come dichiarato da Jenny Donnelly, leader delle “Mamme Orse” e figura di spicco del gruppo Nuova Riforma Apostolica, la scuola è vista come luogo da “liberare” da presunte influenze negative della cultura LGBTQIA+. Nina Jankowitz, ex responsabile della commissione scuola per l’amministrazione Biden, ha sottolineato come queste strategie rappresentino un vero e proprio assalto alla realtà, con il tentativo di riscrivere la storia secondo una visione ideologica ristretta.
La strategia non riguarda solo temi legati al “gender” ma anche questioni come la pluralità delle confessioni religiose a scuola, la riforma delle tematiche da studiare, il diritto dei genitori di esonerare i figli da lezioni che non si allineano con le sensibilità familiari, la censura dei libri sia a scuola che nelle biblioteche e soprattutto la repressione del dissenso sulla questione palestinese.
Tutte queste azioni sono portate avanti quasi in parallelo dai paesi con governi populisti sovranisti. Come già riportato in un precedente articolo per Scienza in rete, la possibilità giuridicamente tutelata di richiedere l’esonero dalle lezioni a scuola per i propri figli per temi che le famiglie non giudicano allineate alle loro sensibilità è avvenuta simultaneamente in USA e Italia. In America e in Ungheria la censura dei libri per ragazzi sia a scuola che nelle biblioteche è avvenuta quasi simultaneamente. Anche in Italia la Lega aveva presentato un’interrogazione parlamentare sul caso dei prestiti di alcuni libri a ragazzi delle medie alla biblioteca di Bologna, definendo inappropriati quei libri e invocando l’eliminazione dal prestito di alcuni titoli.
Anche l’attacco alla libertà di ricerca nelle università, il loro screditamento da parte dei governi, il controllo sui contenuti e il relativo taglio di risorse economiche sta avvenendo in modo parallelo tra USA e Italia.
Così le grandi manifestazioni per la richiesta della fine del genocidio palestinese nelle piazze, nelle università e nelle scuole ha determinato il promulgazione di leggi restrittive e repressive da parte del governo italiano e americano.
Il caso francese: infiltrazione e strategie recenti
Un esempio paradigmatico di come questa strategia si stia replicando anche in altri Stati è il caso francese, dove i movimenti ultra conservatori e di estrema destra stanno infiltrando le associazioni dei genitori nelle scuole. In Francia, queste associazioni sono istituzioni formali che operano come intermediari tra famiglie e istituzioni scolastiche. Recentemente si è assistito a una “scalata” di gruppi di estrema destra all’interno delle principali federazioni dei genitori, con tensioni crescenti in diverse regioni. La nomina di figure legate a movimenti di destra radicale in ruoli chiave delle associazioni dei genitori ha rafforzato la loro influenza sulle politiche scolastiche, in particolare sull’educazione sessuale. L’esempio più clamoroso è relativo all’ingresso di Estelle Roudier dentro il consiglio d’amministrazione della Federazione PEEP. Roudier è famosa per essere stata tra i fedeli sostenitori di Éric Zemmour durante le ultime elezioni presidenziali e ora con questo incarico potrà far parte dell’unico organo ministeriale responsabile del rilascio dell’accreditamento alle associazioni che operano nelle scuole, in particolare per le note sessioni di educazione sessuale. Ci sono molti altri casi di appartenenti all’estrema destra francese che sono entrare negli organismi direttivi delle associazioni dei genitori.
Sempre come in un copione, anche in Francia miliardari come Pierre-Édouard Stérin finanziano organizzazioni che si presentano come “neutrali e laiche” ma che, in realtà, promuovono programmi di educazione sessuale ispirati a una logica pronatalista e conservatrice. Queste organizzazioni, come Lift, hanno già ottenuto fondi pubblici e accesso alle scuole, approfittando della mancanza di risorse dedicate all’educazione alla vita emotiva, relazionale e sessuale. L’assenza di investimenti pubblici in questo settore lascia spazio alle interferenze dell’estrema destra, trasformando una questione educativa in un campo di battaglia ideologico. Lift annovera tra i suoi esperti persone che sostengono le pratiche riparative per le persone LGBTQIA+, religiosi e donne formate dal raggruppamento anti abortista Alleanza per la Vita. Lo stesso è accaduto e accade in Italia attraverso le associazioni affiliate ai movimenti anti gender come Pioneer e Teen Star.
La CGT Éduc’action, sindacato nazionale dell’educazione, ha lanciato un appello alla vigilanza, invitando a opporsi a qualsiasi accordo con queste organizzazioni nei consigli di amministrazione delle scuole secondarie.
La sottovalutazione del ruolo della scuola dentro questa strategia ultra conservatrice è un vulnus nelle nostre società democratiche, un’evidente falla che consente a questi movimenti di riformare non solo l’insegnamento ma tutto il sistema valoriale che fonda il patto di appartenenza alla società stessa. La scuola non deve più essere considerata il servo inutile e sciocco del mercato del lavoro ma deve tornare a essere quella istituzione di cui parlava Piero Calamandrei, che nel 1950 affermava:
A questo deve servire la democrazia, permettere a ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità. Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali







