In Europa è attiva una rete di organizzazioni nazionali e internazionali, collegate tra loro a diversi livelli, formali e informali, ben finanziate, che lavorano con un approccio professionale e mirano a svuotare dall’interno le istituzioni democratiche nel settore dei diritti sessuali e riproduttivi. Nel corso degli ultimi anni il loro numero è cresciuto in tutto il continente, anche nei Paesi del nord, come Svezia e Norvegia, dove un tempo la loro presenza era molto limitata. Le loro connessioni internazionali si sono infittite e sono aumentati i finanziamenti che ricevono da diverse fonti, pubbliche e private.
Il quadro, allarmante, è descritto con ricchezza di dettagli e documentato rigorosamente nel rapporto The Next Wave: How Religious Extremism Is Regaining Power, pubblicato il 26 giugno dal Forum Parlamentare Europeo sui Diritti Sessuali e Riproduttivi (EPF), un network di parlamentari europei impegnati nel campo della sessualità e della riproduzione.
Il nuovo volto dell’estremismo religioso
Tra gli obiettivi delle organizzazioni descritte nel documento c’è il contrasto all’interruzione volontaria di gravidanza, alla contraccezione, alla procreazione medicalmente assistita, alla gestazione per altri, all’educazione sessuale, al divorzio, al suicidio assistito, all’uso dei bloccanti della pubertà e all’approccio affermativo alla transizione di genere, ai diritti delle persone LGBTQIA+, al femminismo e all’uguaglianza di genere. Di contro, questi gruppi perseguono una visione tradizionale della società e della famiglia basata sul matrimonio tra uomo e donna, rigida divisione dei ruoli tra i partner, incremento della natalità, “terapie riparative” dell’omosessualità e più in generale il superamento dei diritti umani per sostituirli con i diritti della famiglia di stampo patriarcale, all’interno della quale si annulla l’autodeterminazione dell’individuo.
Nel panorama delle organizzazioni descritte, spiccano quelle che il rapporto definisce Church Organised Non Governative Organisations (ChONGOs), cioè organizzazioni non governative che si presentano come entità non confessionali, manifestazione di interessi della società civile, ma sono in realtà gestite e in parte finanziate dalla Chiesa Cattolica, dalla Chiesa Ortodossa russa o dai movimenti evangelici statunitensi più conservatori.
«Gli indicatori che ci hanno permesso di identificare questi gruppi sono la presenza di membri della gerarchia ecclesiastica tra i loro fondatori e amministratori e la provenienza dei fondi che li sostengono», spiega Neil Datta, direttore esecutivo dell’EPF.
Un esempio è la World Youth Alliance, fondata negli Stati Uniti e oggi presente in diverse aree del mondo, che svolge attività di lobbying presso le Nazioni Unite, il Parlamento europeo e altre istituzioni internazionali. «La WYA afferma di essere stata fondata da giovani per essere una voce globale a favore dell’inviolabile dignità di ogni persona, dal concepimento alla morte naturale», si legge nel rapporto. «Tuttavia, la sua leadership comprende alcune delle più alte e influenti personalità cattoliche, sia all’interno che all’esterno della Chiesa, spesso con un ampio passato di attivismo contro i diritti umani in materia di sessualità e riproduzione».
Il tratto distintivo delle organizzazioni anti-diritti attive oggi in Europa e anche in Italia è l’abbandono della retorica e delle forme esteriori religiose a favore di argomentazioni che fanno riferimento alla natura, alla scienza, alla difesa dei bambini e della famiglia, considerate più accettabili dal pubblico secolarizzato. Una facciata, secondo gli autori del rapporto, che dissimula un rinnovato impegno degli attori religiosi nella politica, facciata che cade quando si analizzano i documenti interni, i contenuti di riunioni e convegni, le affiliazioni delle personalità coinvolte.
Professionisti della comunicazione
Un tale impulso dell’attivismo anti-diritti può essere il segnale di uno spostamento dell’opinione pubblica verso posizioni più conservatrici? «No, le ricerche condotte negli ultimi anni dimostrano che non c’è in Europa e in Italia un ampio movimento di opinione contraria ai diritti sessuali e riproduttivi e ai diritti LGBTQIA+» commenta Massimo Prearo, coordinatore scientifico del Centro di ricerca PoliTeSse – Politica e Teorie della Sessualità, dell’Università di Verona, studioso dei movimenti anti-scelta, che ha appena pubblicato i dati raccolti sull’argomento nel saggio Politica e cittadinanza LGBTQIA+, tra opinione pubblica, diritti e partecipazione.
«Al contrario, i sondaggi che anche noi abbiamo condotto evidenziano una diffusa accettazione dei diritti sessuali e LGBTQIA+. L’attività dei movimenti di opposizione va intesa come una reazione a questa tendenza generale. Negli ultimi anni, le organizzazioni anti-diritti, grazie all’alleanza con alcuni partiti e governi conservatori, hanno guadagnato una crescente visibilità pubblica e si presentano oggi come portavoce di una “maggioranza silenziosa” della cui esistenza non abbiamo riscontri empirici. Si tratta di una strategia di comunicazione sviluppata da una nuova generazione di imprenditori dell’attivismo, che dispongono di risorse economiche e competenze professionali condivise all’interno delle loro reti internazionali, per influenzare il discorso pubblico».
Fiumi di denaro
Le risorse economiche dei movimenti anti-diritti attivi in Europa sono l’argomento del capitolo più corposo del rapporto dell’EPF. Tra il 2019 e il 2023 queste organizzazioni hanno speso complessivamente almeno 1,18 miliardi di dollari, come si evince dai movimenti di denaro documentati dai ricercatori. Si tratta probabilmente di una stima per difetto, a causa della scarsa trasparenza finanziaria di alcuni di questi soggetti. «In l’Italia, per esempio, non siamo riusciti a raccogliere queste informazioni finanziarie. È una delle ragioni per cui le organizzazioni attive in Italia sono sottorappresentate nel nostro rapporto», osserva Neil Datta.
Da dove proviene l’enorme quantità di fondi che circolano nel nostro continente? Dal Vaticano e da entità vicine alla Chiesa Cattolica, come l’Opus Dei e i Cavalieri di Colombo. Da fondazioni private finanziate da antiche famiglie aristocratiche europee, come gli Asburgo e i Thurn und Taxis, i cui membri siedono spesso nei consigli direttivi delle stesse organizzazioni anti-diritti. Da oligarchi russi o di Paesi dell’Europa dell’est legati alla Chiesa Ortodossa russa, che promuovono Mosca come baluardo dei valori tradizionali. Da alcune ricche famiglie conservatrici statunitensi, come i DeVos e i Koch, e dai cosiddetti Tech Bros, i nuovi magnati della tecnologia come Elon Musk e Peter Thiel. Dal governo ungherese, che finanzia reti internazionali di organizzazioni attive nell’Europa occidentale, legate a quelle statunitensi e russe. Infine, da partiti conservatori, fondi pubblici nazionali ed erogati dalle istituzioni europee, come i 400 mila euro del programma Erasmus+ che nel 2023 hanno finanziato un progetto della World Youth Alliance per promuovere i metodi naturali per il controllo della fertilità come alternativa ai mezzi contraccettivi moderni.
I “servizi alternativi”
Tra le attività che impegnano le organizzazioni anti-diritti c’è l’offerta di quelli che il rapporto chiama “servizi alternativi”: centri di aiuto alla vita che scoraggiano le donne intenzionate ad abortire con informazioni fuorvianti sui rischi per la salute fisica e psicologica, tecniche di pianificazione familiare naturale, come il metodo Billings, promosse come sostituti efficaci dei metodi contraccettivi moderni, protocolli pseudo-scientifici per curare l’infertilità escludendo la procreazione mediamente assistita, programmi scolastici per incoraggiare l’astinenza al posto dell’educazione sessuale basata su evidenze scientifiche, “terapie riparative” per modificare l’orientamento sessuale.
Questi approcci alternativi, ripuliti da ogni riferimento alle loro fondamenta confessionali, corredati da «un’apparenza di credibilità scientifica e medica» in collaborazione con figure accademiche ideologicamente allineate, come spiega il rapporto, guadagnano appoggio politico e vengono adottati dalle istituzioni diffondendosi su scala sempre più ampia, entrando in competizione con i servizi basati sull’evidenza scientifica, togliendo loro risorse e generando confusione.