Negli ultimi decenni, Milano ha vissuto una rapida urbanizzazione e una trasformazione costante del suolo, eredità dello sviluppo industriale dei secoli precedenti. 
L’urbanizzazione e l’industrializzazione accelerate, accompagnate dal contesto di cambiamento climatico, hanno generato nuove sfide per la città: Milano si trova oggi a dover affrontare problematiche legate alla sostenibilità ambientale, all’inquinamento atmosferico e al crescente consumo di suolo. 

Il progresso è necessario e inevitabile, ma la capacità di progettare città realmente sostenibili rimane ancora limitata. Di conseguenza, la vivibilità urbana risulta compromessa dall’attuale modello di urbanizzazione. Tra gli effetti direttamente percepiti dai cittadini si osservano: 

  • un incremento della frequenza e dell’intensità di eventi estremi, come temporali, esondazioni e ristagni d’acqua su superfici pavimentate;
  • ondate di calore, con temperature dell’aria superiori 35 °C per più giorni consecutivi, che aumentano gli effetti da stress respiratorio, infarto e condizioni neuro-cognitive per i soggetti più fragili;
  • maggior domanda di aria condizionata, che può portare a black-out dovuti all’eccessiva domanda elettrica, con disservizi anche in ambito socio-sanitario;
  • formazione e intensificazione di Isole Urbane di Calore.

Le isole di calore urbane: cause e implicazioni

Il concetto di isola di calore urbana (Urban Heat Island, UHI) racchiude le due grandi problematiche del XXI secolo: crescita demografica e cambiamento climatico. Il concetto, introdotto già nei primi anni del 1800, mantiene oggi una forte attualità, accentuata dal continuo sviluppo industriale e dal costante spostamento della popolazione dalle aree periferiche verso i centri urbani.

Le isole di calore urbane descrivono la differenza di calore rilasciato in atmosfera in città, rispetto a quanto avviene nelle aree peri-urbane. Le cause principali delle isole di calore sono dovute alle differenze strutturali e di copertura del suolo che sono presenti tra le aree urbane pavimentate e le aree rurali.

Nelle aree urbane, le superfici secche e impermeabili sostituiscono le coperture vegetali, i quartieri edificati prendono il posto di boschi e parchi, mentre le strade rimpiazzano i sentieri naturali. A ciò si aggiungono le continue emissioni di calore dovute alle attività antropiche, come gas di scarico di autovetture, impianti di riscaldamento o condizionamento degli edifici, attività industriali, illuminazione pubblica e via di seguito.  Questi fattori determinano significative alterazioni del bilancio energetico e idrologico urbano.

Bilancio energetico e idrologico nelle aree urbane

Semplificando, il concetto di bilancio energetico esprime il fatto che la superficie terrestre riceve energia solare: questa viene in parte assorbita dal sistema e in parte riflessa. Un’area urbana occupata da edifici, pavimentazioni o strade assorbe molta più energia rispetto ad un’area verde. L’energia accumulata nel suolo viene poi rilasciata in atmosfera sotto forma di calore: maggiore è l’energia assorbita, maggiore sarà il calore rilasciato.

Dal punto di vista idrologico, le aree verdi riescono a trattenere un maggiore contenuto d’acqua al suolo rispetto alle aree urbane, dove le acque meteoriche vengono subito collettate nei sistemi fognari. 

La disponibilità idrica al suolo garantisce evaporazione liquida, ovvero graduale rilascio (4-5 mm al giorno) di particelle d’acqua in atmosfera, contribuendo al raffrescamento dell’area circostante. 

Studi sulle isole di calore a Milano: il verde aiuta

Recenti studi condotti al Politecnico di Milano, tramite modelli fisici in grado di simulare il bilancio energetico e idrico a scala urbana e periurbana, hanno analizzato le temperature superficiali del suolo per identificare le isole di calore urbane.

L’analisi ha interessato l’intera area del Comune di Milano, che si estende per circa 181 km², utilizzando 13 anni di dati. Il modello ha esaminato in particolare la correlazione tra la percentuale di copertura del verde e le temperature superficiali del suolo, integrando dati satellitari e misurazioni provenienti da stazioni meteorologiche. 

Le temperature medie del suolo in estate a Milano sono di circa 35 °C, maggiori fino a +9,3 °C rispetto alle temperature dell’aria. L’intensità dell’isola di calore urbana, ottenuta come la differenza tra la temperatura superficiale delle aree urbane e la temperatura delle aree verdi, negli ultimi 15 anni è di circa +3,5 °C, ma negli anni più caldi (come il 2021 e 2022) ha superato anche i +4,5 °C. 

I valori più alti di temperatura del suolo sono stati riscontrati nelle aree più trafficate, con maggior percentuale di costruito e lontane dai parchi. 

I risultati confermano che la presenza del verde fornisce un effetto raffrescante e riduce le temperature superficiali. Lo studio mostra che un incremento del 10% della copertura a verde (su aree di 0,25 km²) può ridurre in media di 0,26 °C la temperatura superficiale del suolo. 

Il ruolo del verde nell’adattamento climatico 

Il fatto che le aree verdi siano più fresche rispetto a quelle urbanizzate è piuttosto ovvio, ma grazie all’analisi condotta è stato possibile sviluppare un modello fisicamente basato, capace di quantificare in modo solido e replicabile l’effetto raffrescante del verde urbano.

Secondi gli ultimi aggiornamenti dell’ IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), gli scenari più critici dei modelli climatici proiettano su Milano un aumento delle temperature dell’aria fino a +6.7 °C e una diminuzione delle precipitazioni del 7%. Al Politecnico di Milano sono attualmente in corso studi per analizzare i futuri scenari delle temperature superficiali del suolo e valutare l’efficacia delle aree verdi nella mitigazione delle isole di calore urbane. 

In una città come Milano, i parchi non rappresentano soltanto un patrimonio storico e culturale, ma costituiscono una risorsa fondamentale per mitigare le isole di calore urbane. Comprendere quanto possano concretamente ridurre il discomfort termico diventa quindi essenziale, soprattutto in un’ottica di adattamento ai cambiamenti climatici.

Sempre più città stanno adottando il principio del 3-30-300, secondo cui ogni cittadino dovrebbe poter vedere almeno 3 alberi dalla propria abitazione, il 30% del suolo urbano dovrebbe essere coperto da alberature, e ogni persona dovrebbe vivere a meno di 300 metri da un’area verde accessibile.

Si auspica che anche la direzione urbanistica di Milano possa integrare questo approccio, rendendo la città più verde, vivibile e resiliente alle sfide climatiche.