Jean-René Auffray era un cinquantenne che abitava lungo la costa bretone, appassionato di jogging e in ottima salute. L’8 settembre 2016 è uscito a correre come al solito, ma non ha più fatto ritorno. Il suo corpo è stato ritrovato vicino alla foce del fiume Gouessant, nel comune di Hillion, e più precisamente nella baia di Saint-Brieuc, che si affaccia sul golfo di Saint-Malo: giaceva in mezzo al fango, circondato da tonnellate di alghe verdi che tappezzavano la spiaggia e il mare fin dall’inizio della primavera.
Inizialmente, le autorità francesi hanno attribuito la morte a cause naturali: si pensava che Jean-René abbia avuto un infarto. Passano solo quindici giorni e il corpo viene riesumato per un’autopsia approfondita; il caso del jogger bretone diventa mediatico, perché l’uomo non aveva nessuna patologia cardiaca. Quelle alghe verdi potrebbero essere la causa della sua morte? In effetti, da diverso tempo si sa che le alghe che circondavano il suo cadavere sono in grado di uccidere animali come cavalli e cinghiali: pochi anni prima, nel 2011, 36 cinghiali senza vita erano stati ritrovati su una spiaggia e la causa della morte era stata attribuita a queste alghe. L’autopsia del corpo di Jean-René rivela un edema polmonare acuto, una condizione in cui i polmoni si riempiono di liquido bloccando la respirazione e compatibile con un arresto cardiaco, per cui le prime indagini si concludono senza un colpevole.
Le maree verdi
Le maree verdi sono un fenomeno che avviene con la forte proliferazione di diverse specie di alghe del genere Ulva o lattuga di mare che poi, con il susseguirsi delle maree, vanno a ricoprire la zona intertidale, cioè quell’area che con l’alta marea è coperta dal mare e con quella bassa è invece asciutta. Sulle coste della Bretagna, le maree sono in grado di cambiare radicalmente il profilo del litorale in poche ore e la zona intertidale può estendersi per diversi chilometri. Le maree verdi non sono un fenomeno recente lungo queste coste, anzi: il problema si osserva di frequente fin dal 1971.
Secondo l’OEB (l’osservatorio dell’ambiente in Bretagna), le maree verdi hanno colpito 141 spiagge tra il 2007 e il 2018 e ricoperto ogni anno circa 421 ettari di sabbia, cioè la superficie equivalente a 601 campi da calcio. Sembrano essere la conseguenza di un disequilibrio ambientale importante, originato dalla politica di industrializzazione dell’agricoltura iniziata nel 1960 e quasi interamente attribuibile all’agricoltura, agli allevamenti intensivi e in particolare all’uso di grandi quantità di fertilizzanti contenenti nitrati. Dopo essere stati sparsi sui campi, infatti, i fertilizzanti sono portati via dalle piogge e, tramite i corsi d’acqua, raggiungono il mare, dove vengono assorbiti dalle alghe alimentandone la proliferazione. Anche gli allevamenti di suini della regione sono una causa importante di rilascio di nitrati, perché le deiezioni ne sono ricche e vengono spesso direttamente riversate nei corsi d’acqua. Ultimo ma non per importanza, va considerato il ruolo della crisi climatica e in particolare dell’aumento delle temperature: le maree verdi si verificano durante le fioriture algali, in primavera ed estate, ma gli inverni più miti permettono alle alghe di proliferare più a lungo e quindi di raggiungere quantità sorprendenti.
I comuni del litorale bretone impiegano diversi mezzi per cercare di limitare l’impatto di un fenomeno dirompente. Durante il periodo di fioritura vengono quotidianamente mobilitati sistemi di raccolta meccanica delle alghe, con trattori e camion operati da lavoratori chiamati “i raccoglitori d’alghe”. Le tonnellate di rifiuti organici sono poi veicolate verso centri di raccolta e smaltimento costruiti ad hoc. Nonostante i mezzi impiegati, queste azioni avvengono su piccola scala, privilegiando la pulizia delle spiagge più turistiche e vicine alle città.
Le associazioni ambientaliste sollecitano da anni l’intervento dello stato a monte del problema, chiedendo di regolamentare l’impiego dei fertilizzanti contenenti nitrati, in un’ottica non solo di tutela dell’ambiente ma anche e soprattutto della salute pubblica. Secondo la Corte dei Conti francese, la mancanza di effetti da parte dei piani d’azione realizzati finora sarebbe dovuta alla mancanza di coordinamento, a obiettivi non chiari, a risorse economiche impiegate (stimate a 109 milioni di euro) troppo limitate e allo scarso coinvolgimento degli agricoltori e degli allevatori. La Corte dei Conti consiglia inoltre di promuovere un’agricoltura con pochi nitrati.
Come è morto Jean-René
Il 24 giugno 2025 la Corte d’appello di Nantes ha condannato all’indennizzo della famiglia di Jean-René Auffray lo Stato francese, che ritiene colpevole di non aver rispettato le normative europee e nazionali in termini di protezione delle acque dall’inquinamento agricolo. È una sentenza sorprendente: è la prima volta che viene attribuita una chiara colpa allo Stato francese per il fenomeno delle maree verdi e che si riconosce il collegamento tra questa forma di inquinamento e la morte di un essere umano.
La pericolosità delle maree verdi non è dovuta alle alghe di per sé ma alla proliferazione eccessiva, che ne determina un accumulo anomalo sulle spiagge, dove entro 48 ore inizia il processo di putrefazione. Infatti, la ricerca scientifica ha dimostrato, nel corso degli ultimi dieci anni, che l’accumulo delle alghe verdi può rilasciare grandi quantità di gas. Tra questi, diversi sono considerati gas a effetto serra (per esempio il metano), ma in alcuni casi si è rilevata anche la presenza di gas tossici, come l’acido solfidrico o idrogeno solforato (H2S). A dosi basse (2 ppm), l’acido solfidrico può causare asma, mentre a dosi elevate (500-1000 ppm) può portare a edema polmonare acuto e di conseguenza alla morte. Quando la densità delle alghe è molto elevata possono formarsi delle sacche di gas, intrappolate sotto allo strato superficiale, che funzionano allo stesso modo di un campo minato. Lungo le spiagge della Bretagna sono state misurate concentrazioni di acido solfidrico sufficienti a uccidere un essere umano adulto all’istante. A seguito delle nuove istanze e delle nuove informazioni divulgate dalla comunità scientifica, la Corte d’Appello di Nantes ha concluso il 24 giugno 2025 riguardo il caso Auffray che:
Le numerose prove che non erano state presentate al tribunale amministrativo di Rennes hanno portato a ritenere che il decesso della vittima, avvenuto in maniera istantanea, sia stato causato da un edema polmonare immediato, che non poteva essere spiegato altrimenti se non con l’intossicazione mortale per inalazione d’idrogeno solforato a livelli altissimi
Lo Stato dovrà versare un indennizzo alla famiglia della vittima. Inoltre, non si esclude che nei prossimi anni si possano aggiungere nuovi casi, poiché esistono morti sospette potenzialmente attribuibili alle maree verdi ma finora giudicate “naturali”.
Le accuse di omertà
Inès Léraud è una giornalista d’inchiesta indipendente che si è occupata ampiamente del fenomeno delle maree verdi in Bretagna e ha raccontato la sua storia tramite un formato molto innovativo, quello del fumetto: Algues vertes, l’histoire interdite (éditions Delcourt, 2019), in italiano Alghe verdi, la storia innominabile. Oltre ad aver partecipato attivamente alla diffusione delle informazioni che hanno permesso la mediatizzazione del processo, Inès ha denunciato l’omertà che ha osservato ai vari livelli della sua ricerca. La giornalista denuncia in particolare lo Stato francese di aver mentito spudoratamente per anni. Infatti, nel 2006 la prefettura delle Côtes-d’Armor aveva richiesto uno studio sul potenziale mortale delle alghe verdi; studio che aveva concluso che in alcune delle sacche di gas contenute dai cumuli di alghe era presente il doppio della dose di acido solfidrico necessaria per uccidere un essere umano. Ciononostante, gli organi statali hanno dichiarato per anni che l’acido solfidrico presente nei cumuli di alghe non è sufficiente a uccidere.
Inès non è l’unica a denunciare l’omertà dei servizi pubblici riguardo agli effetti sulla salute delle maree verdi. Un medico di nome Pierre Philippe ha segnalato la presenza di altri casi, tra i quali quello di un primo trail runner esperto morto nel 1989 nella baia di St-Michel-en-Grèves. Questa volta, la vittima era un ragazzo di 26 anni ritrovato morto in mezzo a un mare di alghe verdi tre giorni dopo la sua scomparsa. A Pierre Philippe fu chiesto di firmare il certificato di morte per cause naturali, ma si rifiutò, perché il cadavere aveva un odore che un abitante del posto non poteva non associare alle alghe verdi. Potevano questi organismi vegetali essere la causa della morte del ragazzo? I risultati dell’autopsia richiesta da Pierre Philippe non sono mai stati resi noti e, vent’anni dopo la vicenda, sono stati dichiarati persi. Altri casi di intossicazioni sospette si sono susseguite con maggiore fortuna per le vittime: nel 1999 un raccoglitore d’alghe si è accascia mentre era intento a raccoglierle alla guida di un trattore; rimarrà in coma per quattro giorni. Nel 2009, un veterinario è vittima di un malore simile: se la cava per miracolo durante una gita a cavallo, mentre l’animale si accascia e muore sul colpo. L’autopsia rivela la presenza, nel sangue del cavallo, di dosi di acido solfidrico molto elevate.
Yves-Marie le Lay, presidente dell’associazione ambientalista Sauvegarde du Tregor Goëlo-Penthièvre, che milita attivamente contro le maree verdi, denuncia il danno ambientale delle alghe verdi. Sulle spiagge della Bretagna gli animali sono scomparsi, dagli uccelli ai molluschi ai granchi; il succo delle alghe in decomposizione penetra la sabbia e contiene importanti quantità di acido solfidrico, che si accumula durante i periodi di fioritura algale e persiste tutto l’anno. Yves-Marie è anche l’autore del libro Algues vertes, un scandale d’Etat (Libre & Solidaire 2020, in italiano Alghe verdi, uno scandalo di Stato), che denuncia la collusione tra lo Stato e l’FNSEA (Federazione Nazionale degli Agricoltori), l’equivalente della nostra Coldiretti, allo scopo di mantenere i privilegi dei gruppi e dei consorzi agricoli più importanti.
Inès Léraud ha ispirato un film dal titolo Les algues vertes, di Pierre Jolivet, uscito nel 2023, che ripercorre le sue indagini sulla FNSEA. Come Inès, denuncia il sistema agro-industriale: un tessuto industriale composto dalle grandi cooperative e dalle grosse imprese dell’agroalimentare capitanato dallo Stato e dalla FNSEA. Durante le interviste alla giornalista, dipinge gli agricoltori come vittime di un sistema in cui la FNSEA ha a sua disposizione diverse leve con le quali fare pressione su di loro:
La formazione dei giovani agricoltori, i finanziamenti agricoli da parte di banche e assicurazioni, l’attribuzione delle terre, sono tutte cogestite dalla FNSEA. Questo le dà un potere enorme, gli agricoltori sono praticamente obbligati a votare per questo sindacato se vogliono ottenere terre o prestiti
Denuncia inoltre il fatto che gran parte degli organi di decisione locali della Bretagna che riguardano l’acqua o l’ambiente sono sotto la tutela dell’agro-industria. Inès Léraud, assieme a molti suoi testimoni, ha subito diversi tentativi di intimidazione, tra cui minacce di morte, campagne di screditamento e spionaggio dei dispositivi, connessi legati alle sue inchieste sull’agro-industria.
Il film Les algues vertes ha avuto un grande successo, vendendo più di 200.000 ingressi al cinema, ed è stato proiettato anche al Senato, dimostrando quanto le questioni ambientali possono stare a cuore. La vicenda continuerà poiché ancora non è stata presa nessuna misura per contrastare le maree verdi, ma nel frattempo nuovi casi vengono analizzati per cercare di capire quante vittime abbiano realmente causato.