«Mi avevano dato due anni di vita». Virginia Fiori, nata con la fibrosi cistica e responsabile della delegazione della Fondazione Fibrosi Cistica di Firenze, ha raccontato la sua esperienza diretta della malattia – e soprattutto della cura – a un pubblico attento e commosso, durante la presentazione dei nuovi progetti di ricerca 2025 della FFC a Milano, il 17 settembre scorso.
«”Hai due anni di vita”. Ero ricoverata con un’insufficienza respiratoria molto grave, una riacutizzazione delle infezioni batteriche che dopo 21 giorni di terapia endovena non accennavano a migliorare. Quel giorno, dopo che ho sentito quella frase, tutte le mie paure sono diventate concrete ed ho iniziato il processo preparatorio più difficile di tutta la mia vita, fatto di centinaia di esami, visite specialistiche, accertamenti e perizie: nel 2019, all’inizio dell’anno, ho messo la firma con cui acconsentivo ad essere immessa nella lista per il trapianto bipolmonare».
Come Virginia racconta, non si è mai davvero pronti a sentirsi dire che abbiamo due anni di vita davanti e che l’unica possibilità di continuare a vivere è quella che un’altra persona muoia. Questo diventa ancora più difficile se hai 27 anni.
Virginia è in lista per il trapianto e aspetta per 475 giorni, «sospesa fra la voglia di vivere, nonostante tutto, e la paura di quello che poteva succedere: prima e dopo».
Poi, il 13 gennaio 2020, cambia tutto.
Il primario del centro in cui è in cura a Firenze la chiama per proporle una nuova terapia che ancora in Europa non era né approvata né commercializzata, ma lo era negli Stati Uniti: Kaftrio, uno dei farmaci recenti detti “modulatori”.
«Sono stata fra le prime dieci pazienti toscane ad iniziare questo farmaco e ho acconsentito, senza sapere niente, senza aspettarmi niente, a scatola chiusa. La mia capacità respiratoria residua in quel momento variava dal 10 al 16%. Nulla poteva andare peggio di così. Potevo solo guadagnarci. Sono passati cinque anni e mezzo da quel giorno e io sono ancora viva. Non ho fatto il trapianto bipolmonare e la mia vita è cambiata quasi in tutto. È vero, non sono guarita, ma posso permettermi di vivere col cuore più leggero e con le preoccupazioni che dovrebbe avere un trentenne sano. La ricerca è stata il fulcro del miracolo che mi ha salvato la vita».
La FFC per il 2025 finanzia 15 studi sulla Fibrosi
Sono 14 gli studi selezionati con il bando 2025 dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica (FFC), che partono questo mese (settembre): mirano a ottimizzare le terapie esistenti, svilupparne di nuove e approfondire diversi aspetti della malattia, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone con fibrosi cistica. Nel 2025 saranno sostenuti 13 progetti provenienti dal bando annuale e un progetto del bando Gianni Mastella Starting Grant, per ricercatori e ricercatrici under 40. A questi, portando il totale a 15, si aggiunge il progetto MindKids – CF, che vuole indagare sulla salute mentale dei bambini con fibrosi cistica.
I progetti del 2025 sono stati selezionati tramite un processo di revisione tra pari, che ha coinvolto la Direzione scientifica e il Comitato scientifico di FFC Ricerca, assieme a esperti internazionali. I progetti scelti coprono quattro aree di interesse di FFC Ricerca: Terapie e approcci innovativi per correggere il difetto di base, genetica; terapie dell’infezione broncopolmonare; terapie dell’infiammazione polmonare; ricerca clinica ed epidemiologica. Tutti i dettagli dei progetti si possono reperire sul sito della Fondazione.
A Carlo Castellani, responsabile del Centro Fibrosi Cistica dell’Istituto Gaslini di Genova e Direttore scientifico della FFC, abbiamo chiesto quali sono i gli aspetti più promettenti della ricerca sulla fibrosi cistica oggi.
«Gli aspetti più interessanti – spiega Castellani – oggi sono quelli che riguardano nuove terapie, i modulatori, che sono già in parte disponibili per molte persone con fibrosi cistica, anche se non ancora per tutte. Una minoranza significativa di persone con fibrosi cistica non potrà però utilizzare queste nuove terapie. Questo perché la fibrosi cistica è causata da alterazioni di una proteina, chiamata CFTR. I farmaci modulatori agiscono “riparando” almeno parzialmente la proteina difettosa. Purtroppo i modulatori non possono funzionare quando la proteina è del tutto assente, come capita in una minoranza dei malati, per i quali vanno quindi pensate strategie diverse».
Come osserva ancora Castellani: «Con l’uso dei modulatori non otteniamo la guarigione, ma decisamente la malattia è molto più sotto controllo. È un grande problema che queste terapie non possano essere utilizzate da tutti».
Chi usufruisce delle nuove terapie sta molto meglio, vive meglio e comincia anche un po’ a ridurre il carico di cure farmacologiche tipico di questa condizione.
Spiega Castellani: «Su questi pazienti la ricerca si concentra sullo studio degli effetti collaterali e sull’identificazione di farmaci modulatori ancora più performanti. Mentre per chi non può usufruire di questa opportunità terapeutica è importante investire in strategie alternative. Tra queste la terapia genica, cioè andare a riparare o sostituire il materiale genetico difettoso alla base della malattia. Su questo la Fondazione sta investendo con un progetto importante, GenDel-CF, che vuole creare dei vettori che riescano a portare all’interno delle cellule respiratorie il sistema di riparazione o la sequenza corretta di RNA o DNA. Non è facile arrivare all’interno delle cellule respiratorie, e questo è uno dei punti chiave per il successo di queste terapie».
Ci sono poi anche aspetti legati al rimborso delle nuove cure, estremamente costose.
Come spiega ancora Castellani: «Se dovessimo basarci su quello che è il costo di listino dei modulatori di ultima generazione il trattamento di un paziente per un anno supera i 300.000 euro. L’agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha in corso una trattativa con l’azienda produttrice su una serie di temi, compresi i costi, che dovrebbe portare speriamo a breve all’allargamento dell’uso di questi farmaci per un’ulteriore fascia di pazienti».
Una ricerca sul benessere mentale dei bambini ammalati
Parte quest’anno anche un grande progetto di ricerca sul benessere mentale dei bambini ammalati di fibrosi cistica.
Spiega ancora Castellani: «Il progetto MindKids-FC vuole valutare le problematiche di disagio mentale nei bambini con fibrosi cistica tra i 2 e gli 11 anni. In questi anni c’è stato un grande aumento di problematiche legate al disagio mentale in generale nei giovani. Chi ha la fibrosi cistica è soggetto come i coetanei a questo tipo di problemi, con in più il carico di una malattia cronica. Inoltre i modulatori in alcuni casi sono stati associati a insorgenza di ansia e depressione. Servono strumenti standardizzati per valutare il disagio mentale nei bambini con fibrosi cistica e capire quanto queste problematiche siano frequenti e come si manifestino. Questo progetto lavorerà su 500 bambini per creare questi strumenti, e così poter prendere in carico bambini che potrebbero altrimenti sviluppare con l’età problematiche anche più serie».
Un disegno di legge per lo screening del portatore sano
Ultimo, ma non meno importante: la FFC sta interessandosi alla presentazione di un disegno di legge che preveda lo stanziamento di un fondo per progetti pilota di screening del portatore sano (e inconsapevole) di fibrosi cistica.
La FFC sostiene attivamente lo screening con la campagna “1 su 30 e non lo sai”, che punta l’attenzione sul fatto che i bambini con fibrosi cistica nascono da due genitori portatori sani di un particolare tratto genetico, chiamati appunto portatori sani.
Come specifica il termine “sani”, chi è portatore non ha alcun problema di salute, e non è consapevole di esserlo. Esistono test genetici in grado di identificare la maggior parte dei portatori di fibrosi cistica, ed è importante sensibilizzare la popolazione su questo tema. Per il momento in Italia c’è una regione, il Veneto, che ha incluso il test del portatore sano di fibrosi cistica tra quelli a carico del Servizio sanitario per che desideri una gravidanza.
Spiega Castellani: «Lo screening prevede di scegliere una popolazione target, contattare tutti all’interno di quella popolazione offrendo il test e spiegandone il significato, eseguirlo in chi lo accetta, monitorare i risultati. Progetti di screening pilota aiuterebbero a raccogliere dati utili per un’espansione poi a un livello più ampio e idealmente anche nazionale. FFC crede sia importante fornire questa opportunità a che desidera un figlio».
Per sensibilizzare e informare sul test del portatore sano la FFC organizza tra il 20 e il 26 ottobre la settimana di sensibilizzazione, che vedrà illuminarsi di verde i monumenti di molte città italiane. Dall’1 al 4 ottobre la FFC organizza invece il Bike Tour per la ricerca sulla fibrosi cistica, pedalata solidale arrivata alla XIII edizione e per tutto il mese di ottobre nelle piazze italiane sono venduti i ciclamini per finanziare la ricerca.