Pubblicato il 03/09/2025Tempo di lettura: 3 mins
Le ondate di calore sono in crescita e colpiscono più persone. Quest’estate ne abbiamo avute due in Europa, una tra il 17 e il 22 giugno 2025 e un’altra tra il 30 giugno e il 2 luglio. I due eventi, scrive Copernicus, hanno contribuito a rendere il mese di giugno 2025 il terzo più caldo a livello globale, con una temperatura globale media di 16,46°C, cioè 0,47°C sopra la media dello stesso mese del periodo 1991-2020.
Se si considera solo l’Europa occidentale, giugno 2025 è stato allora il più caldo di sempre.
Il clima è stato più secco della media in gran parte di Nord America, Canada, Africa orientale, penisola arabica, Asia centrale, le parti più a est di Cina e Giappone, gran parte dell’Australia e dell’Africa meridionale e varie regioni dell’America meridionale. Sempre a giugno 2025, l’umidità relativa ha toccato un minimo record arrivando a essere il 2,7% sotto la media.
Giugno 2025 ha registrato temperature record anche nella superficie del Mar Mediterraneo, fino a superare la media di ben 5°C nel Golfo di Lione e nel Mar Ligure.
Ci sono un paio di studi (questo e questo) usciti di recente su Nature che evidenziano due aspetti legati alle ondate di calore: più della metà dei nati dopo il 2020 sperimenteranno ondate di calore senza precedenti nel corso della vita, in più, l’esposizione prolungata potrebbe causare un invecchiamento precoce.
L’immagine tratta da uno dei due studi mostra la differente esposizione a ondate di calore nei tre scenari climatici indicati.
Precisamente, anche solo nello scenario di aumento di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, i nati nel 2020 sperimenteranno almeno 11 ondate di calore nel corso della vita – sarebbero state 3 in un clima preindustriale. Si supererebbero le 25 totali nel corso di una vita nello scenario +3,5°C; ondate che in questo caso colpirebbero il 92% dei nati nel 2020. In termini assoluti, tra i due scenari, si passerebbe da circa 60 milioni di persone colpite a oltre 110. L’esposizione analizzata vale anche per «i fallimenti dei raccolti, le inondazioni fluviali, la siccità, gli incendi boschivi e i cicloni tropicali», che raddoppierà per i nati nel 2020 rispetto ai nati nel 1960, sotto le attuali politiche di mitigazione che porteranno a circa 2,7°C entro fine secolo. Si veda anche l’approfondimento di Carbon Brief.
In un percorso di riduzione di emissioni che rispetto gli Accordi di Parigi, sarebbero oltre 600 milioni i bambini nati tra il 2003 e il 2020 che eviterebbero un’esposizione senza precedenti alle ondate di calore. Per quanto riguarda i fallimenti dei raccolti sarebbero 98 milioni di bambini che se lo risparmierebbero, 64 milioni per le inondazioni fluviali, 76 milioni per i cicloni tropicali, 26 milioni per le siccità e 17 milioni per gli incendi boschivi.
L’immagine di seguito mostra l’aumento delle ondate di calore finora registrato negli Stati Uniti per quanto concerne la frequenza annuale, la durata in giorni, la stagione complessiva e l’intensità.
L’esposizione prolungata alle ondate di calore provocherebbe un’accelerazione dell’età biologica della popolazione esposta. Il secondo studio uscito su Nature ha analizzato quasi 25mila adulti in una coorte longitudinale a Taiwan tra il 2008 e il 2022: ogni aumento di circa 1,3 °C nell’esposizione cumulativa alle ondate di calore «è risultato associato a un incremento dell’età biologica compreso tra 0,023 e 0,031 anni». La graduale adattabilità (che non riuscirà a crescere per sempre oltre certi limiti fisiologici, in ogni caso) non risparmia comunque i più vulnerabili, che sono i lavoratori manuali, i residenti in aree rurali e coloro che provengono da comunità con minore disponibilità di condizionatori d’aria. L’effetto osservato sarebbe in parte paragonabile agli effetti causati dal fumo e dall’alcool.
Tutto sta a indicare, come al solito, la necessità di ridurre il più possibile le emissioni provenienti da gas naturale, petrolio e carbone e, allo stesso tempo, fornire strumenti di adattamento climatico. Ricordiamo che l’anno scorso, il 2024, ha superato per la prima volta la temperatura media globale dei fatidici 1,5°C. Ovviamente questo non significa che lo si è fatto in modo strutturale e permanente, ma dovrebbe comunque far accelerare di molto la già avviata corsa alle rinnovabili.
Cooling poverty, la nuova frontiera delle disuguaglianze climatiche
Pubblicato il 03/09/2025
Nel 2050 la domanda globale di energia per il raffrescamento residenziale potrebbe sfiorare i 1.400 TWh/anno, generando costi economici stimati tra i 124 e 177 miliardi di dollari ed emissioni aggiuntive di CO₂ tra 670 e 956 Mt (una quantità superiore alle attuali emissioni nazionali della Francia). La quota principale di queste emissioni arriverà da Cina, India e Indonesia, dove si prevede una rapida crescita nell’uso dell’aria condizionata.