Nell’aprile di quest’anno, il Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani statunitense Robert F. Kennedy ha dichiarato che entro settembre sarebbe stata resa nota la causa di quella che lui definisce “epidemia” di autismo. Come scrive l’editorialista del New York Times Jessica Grose, tutti coloro che si occupano di medicina hanno subito pensato che l’amministrazione Trump stesse per offrire un comodo capro espiatorio per una condizione studiata da decenni senza che sia stata scoperta una singola causa principale.
Accantonati momentaneamente i vaccini, indicati da Kennedy come fattori scatenanti dell’autismo, il presidente Trump si è concentrato invece sull’associazione tra l’assunzione da parte delle donne gravide di Tylenol (nome commerciale del paracetamolo, equivalente a Tachipirina in Italia) e l’insorgenza di autismo nei loro bambini. Il 22 settembre 2025, alla Casa Bianca, in un annuncio apparentemente congiunto con il suo establishment sanitario federale (ha pronunciato 5.953 parole su un totale di 10.776, prendendosi 2.086 secondi di tempo su un totale di 3.913) Trump ha dichiarato che «Prendere il Tylenol non fa bene… Per questo motivo, raccomando vivamente alle donne di limitare l’uso del Tylenol durante la gravidanza, a meno che non sia strettamente necessario, per esempio in caso di febbre molto alta, che ti fa sentire incapace di resistere».
L’autismo e lo spettro delle madri frigorifero
Trump incita le donne incinte che soffrono a “resistere”, quasi a deplorare che assumano pillole in modo sconsiderato, incuranti degli effetti sul feto, mentre, in realtà, la maggior parte di loro, in tutto il mondo, tende a sopravvalutare il rischio dei più comuni farmaci di provocare malformazioni congenite e a sottovalutarne i benefici.
D’altronde, Leo Kanner, il medico che fissò i primi criteri diagnostici dell’autismo nel 1943, mentre nel suo articolo iniziale scrisse che i bambini autistici hanno un’incapacità biologica innata di contattare affettivamente gli altri, alla fine degli anni ’40, sulla base di un campione di soli 50 pazienti aggiuntivi, cambiò idea, concludendo che la causa principale dell’autismo era una cattiva maternità: «La mancanza di autentico calore materno è spesso evidente fin dalla prima visita in clinica». In un momento successivo, Kanner ritrattò questa spiegazione basata sulla “madre frigorifero”, ma intanto si era già consolidata, anche grazie ad altri terapeuti come Bruno Bettelheim e alla stampa popolare, che davano fiato alle aspettative dell’America del dopoguerra di una madre idealizzata sempre sorridente e dalla cucina impeccabile.
Rima D. Apple, nel suo libro Perfect motherhood: science and childrearing in America (Rutgers University Press, 2006), scrive: «I critici sociali hanno accusato le donne che si sono allontanate dal loro ruolo tradizionale di aver creato molti dei problemi attuali, come la delinquenza giovanile, il declino della famiglia americana e persino la mortalità e la morbilità infantile». Trump segue una logica simile, semplicistica e pericolosa: le madri responsabili non devono assumere il Tylenol.
Kennedy e Trump offrono anche una terapia per l’autismo, sotto forma della leucovorina, un derivato dell’acido folico (o vitamina B9) che contrasta gli effetti tossici del metotressato e di altri farmaci antagonisti dell’acido folico, dichiarando di averla già sottoposta all’approvazione dell’FDA. Persino Richard Frye, che aveva suggerito l’idea ai funzionari federali, ha dichiarato all’Associated Press di essere sorpreso per la sua immediata accettazione, che non teneva conto della scarsa numerosità degli studi sul possibile miglioramento, con leucovorina, delle capacità verbali nell’autismo. Come rileva Jessica Grose, nei suoi discorsi sconclusionati Trump inserisce involontariamente qualcosa di rivelatore: in questo caso, ha detto che negli USA i bambini con bisogni speciali sono tanti «…al punto in cui non so nemmeno se un Paese può strutturalmente permetterselo». La presidenza Trump trova più conveniente, quindi, colpevolizzare le madri e promettere farmaci miracolosi, piuttosto che creare un sistema che sostenga tutti: lo testimoniano i circa 1.000 miliardi di dollari di tagli imposti da Trump a Medicaid.
Davvero un’epidemia di autismo?
La retrospettiva sulle origini della caccia alle streghe porta al 1998, anno in cui venne pubblicato uno studio di Andrew Wakefield che collegava l’autismo al vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (MMR). Quando si scoprì che il medico britannico aveva falsificato i dati e che aveva ricevuto finanziamenti dagli avvocati che patrocinavano cause legali contro i produttori di vaccini, il suo studio fu ritirato e gli fu persino vietato di esercitare la professione medica in Gran Bretagna, ma intanto i tassi di vaccinazione avevano cominciato a calare e quelli d’incidenza del morbillo a crescere.
Da quando Wakefield ha iniziato a parlare di correlazione tra vaccini e autismo, sono stati condotti 69 studi. Di questi, 26 hanno collegato in qualche modo i vaccini all’autismo, mentre 43 non hanno trovato alcuna correlazione. Ben due terzi degli studi che sostenevano di aver trovato un collegamento sono stati scritti dalla stessa persona: David Geier insieme a suo padre Mark. Degli altri otto studi, quattro sono stati ritirati per manipolazione dei dati, metodi errati o conflitti di interesse non dichiarati. Uno di questi studi, al quale Kennedy ha fatto riferimento durante la sua audizione di conferma al Senato, era stato pubblicato su un blog di WordPress, camuffato da rivista e finanziato da un’organizzazione anti-vaccinazione. I 43 studi che non hanno riscontrato alcuna correlazione tra vaccini e autismo sono stati condotti e revisionati da scienziati indipendenti e hanno coinvolto oltre 5,6 milioni di persone in sette paesi.
Robert F. Kennedy ha denunciato un’epidemia di autismo, poiché negli Stati Uniti circa un bambino su 31 ha ricevuto una diagnosi di autismo nel 2022, rispetto a uno su 150 nel 2000. Però, come riporta Jess Steier, amministratrice delegata di Vital Statistics Consulting e fondatrice di Unbiased Science, le prove più attendibili suggeriscono che gran parte di questo aumento sia dovuto a una maggiore consapevolezza, a strumenti diagnostici più standardizzati, a un accesso più ampio allo screening e all’unificazione da parte dell’American Psychiatric Association di diverse condizioni sotto il titolo di “disturbo dello spettro autistico”.
Esistono fattori biologici che potrebbero aver contribuito a una modesta frazione dell’aumento dell’autismo, come l’età tendenzialmente più avanzata in cui le persone hanno figli, forse per i cambiamenti nella funzionalità del sistema immunitario materno o per le più frequenti mutazioni genetiche paterne. A dispetto dei dati che mostrano come la maggior parte del rischio di autismo sia determinato prima della nascita, attraverso fattori genetici, Robert F. Kennedy ha annunciato un nuovo ampio studio federale sui rapporti tra vaccini e autismo, chiamando come ricercatore proprio quel David Geier noto per gli studi condotti con il padre Mark (revisionati da un comitato composto da loro stessi, familiari e soci in affari) e che fu multato per aver esercitato la professione medica senza abilitazione quando emerse che curava l’autismo (al modico prezzo di 5-6.000 dollari al mese) con Lupron (leuprolide), un farmaco che blocca la sintesi di testosterone ed estrogeni, mentre l’abilitazione medica di Mark Geier fu revocata o sospesa da tutti i 12 Stati in cui era in atto.
Alcune condizioni, come l’autismo, fanno parte dello spettro naturale della diversità umana. Fingere il contrario non solo inganna, ma danneggia attivamente le famiglie, accumulando stigma e fornendo soluzioni vuote invece di supporto reale. Ogni dollaro speso per ridiscutere lo smentito legame tra vaccino e autismo è un dollaro rubato alla ricerca sulle cause dell’autismo e agli studi su servizi di supporto, interventi educativi e programmi d’impiego.
Correlazione non è causalità: il caso paracetamolo lo dimostra
La nuova strega additata da Trump per il rogo è il paracetamolo assunto in gravidanza. Se ne è parlato molto nelle ultime settimane. Il suo collegamento con l’autismo è stato studiato dalla comunità scientifica per oltre un decennio, sulla scorta di alcune giustificazioni biologiche: il paracetamolo attraversa la placenta, può generare stress ossidativo tramite i suoi metaboliti, è considerato un potenziale interferente con il sistema endocrino, delle prostaglandine ed endocannabinoide, cruciali nello sviluppo neuronale. Inoltre, studi su animali e su cellule isolate mostrano alterazioni epigenetiche e trascrizionali in geni chiave per la maturazione del cervello.
Le attuali esternazioni di Trump sono supportate da una revisione condotta ad Harvard di oltre 46 studi che valutavano le associazioni tra paracetamolo e disturbi del neurosviluppo, con sei studi incentrati specificamente sull’autismo: 27 studi hanno trovato un collegamento positivo; 9 studi non hanno trovato alcun collegamento; 4 studi hanno mostrato un collegamento negativo (paracetamolo correlato a un minor numero di neuropatologie). Per ovvie ragioni etiche, non si trattava mai di studi clinici randomizzati controllati, bensì di studi osservazionali, per loro natura soggetti a variabili confondenti genetiche, ambientali o anche contingenti (per quale motivo era stato assunto paracetamolo?). Per riconoscere che correlazione non è causalità (correlation does not imply causation, nozione caposaldo dell’epidemiologia), come hanno sottolineato sia l’FDA nel suo warning del 22 settembre ai medici perché raccomandino alle loro pazienti di ridurre al minimo l’uso del farmaco, sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità, andrebbe dato maggior peso a un singolo studio svedese pubblicato su JAMA nell’aprile 2024, che ha portato le prove a un livello superiore: sono stati esaminati 2,5 milioni di gravidanze seguendo madri e figli per oltre 20 anni grazie al sistema nazionale di registrazione informatizzato e sono stati poi confrontati fratelli di cui uno esposto al farmaco durante la gravidanza e l’altro no.
Come ha ammesso il referente principale dello studio, Brian Lee, professore di epidemiologia presso la Drexel University Dornsife School of Public Health di Philadelphia, intervistato per JAMA da Linda Brubaker, con qualsiasi studio osservazionale si corre il rischio di confrontare mele e arance, ovvero che le persone esposte siano mele e le persone non esposte siano arance. Lo studio svedese ha effettuato confronti tra fratelli per approssimarsi in precisione a uno studio clinico randomizzato controllato. I risultati hanno due facce: dal confronto tra i bambini nati da madri che hanno usato paracetamolo e i bambini nati da madri che non l’hanno usato appare un’associazione statistica tra l’uso del farmaco e il rischio di autismo, ADHD e disabilità intellettiva. Tuttavia, sono presenti molti fattori confondenti. Un esempio che Lee usa in classe per spiegare che cosa si intende per “fattore confondente” è l’associazione tra consumo di gelati e annegamento, statisticamente provata: in realtà è il caldo che aumenta sia il consumo di gelato sia la probabilità di nuotare, che a sua volta aumenta la probabilità di annegare. L’anagrafe sanitaria svedese ha fornito la storia clinica completa delle madri, dei padri e dei bambini stessi (con dati sulle indicazioni per l’uso del paracetamolo, come infezioni e artrite reumatoide e di analisi dose-risposta) e i metodi statistici all’avanguardia hanno consentito di controllare i fattori confondenti. Quando sono stati condotti i confronti tra fratelli, le associazioni statistiche tra assunzione di paracetamolo durante la gravidanza e autismo sono del tutto scomparse.
Molto recentemente, lo studio è stato replicato sulla popolazione giapponese reclutando circa 200.000 persone: anche in questa ricerca, c’è un’iniziale associazione statistica che, però, scompare completamente quando si esegue l’analisi di confronto tra i fratelli.