Lunedì 29 gennaio 2024, primo pomeriggio; nella Striscia di Gaza è in corso l’offensiva Spade di ferro, lanciata da Israele. Hind Rajab, bambina palestinese di 6 anni, è in auto, una Kia Picanto, con lo zio, la zia e tre cugini, a una stazione di servizio a Tel Al-Hawa, quartiere a sud di Gaza City. Stanno fuggendo, mentre la mamma di Hind e i fratelli più grandi sono scappati a piedi. I carri armati israeliani hanno preso di mira l’auto, causando la morte degli occupanti a eccezione di Hind, unica sopravvissuta in un’automobile crivellata di colpi (355 pallottole, una massa di lamiere contorte). Hind con il cellulare cerca di contattare i servizi di emergenza e dall’altro capo del telefono i soccorritori della Palestine Red Crescent Society (PRCS), cercano di calmarla e assisterla, mentre chiedono all’esercito israeliano di poterla raggiungere. Per tre ore Hind resta al telefono finché la sua chiamata si interrompe bruscamente. Nel frattempo la PRCS ha inviato due paramedici in suo aiuto, ma anche l’ambulanza viene distrutta e i paramedici uccisi. Solo 12 giorni più tardi, quando i soldati israeliani si sono infine allontanati, una squadra della protezione civile palestinese ha raggiunto la zona trovando le vittime e la loro auto. A 50 metri dall’auto giace l’ambulanza carbonizzata.

 Avvalendosi di tecniche di geolocalizzazione e di analisi audiovisive, il gruppo di ricerca inglese Forensic Architecture ha documentato che è stato un carro armato dell’esercito israeliano a uccidere Hind e i paramedici Yusuf al-Zeino e Ahmed al-Madhoun. Sebbene alcune inchieste giornalistiche, tra cui quelle del quotidiano statunitense The Washington Post e di Sky News, oltre al lavoro di Forensic Architecture abbiano identificato con alta probabilità il carro armato che ha fatto fuoco sulla Kia Picanto e sull’ambulanza dei soccorritori, e il militare che era a capo del mezzo, le forze armate israeliane (Idf) non hanno mai ammesso la propria responsabilità. 

«Pronto, zio, resta con me!»
«Raccontami cosa è successo. Sei nascosta?»
«Sono da sola. Non c’è nessuno con me, ho solo un fratello. È a casa con la mamma».
«Non sento il tuo nome. Io sono Omar. E tua sorella?»
«Vieni a prendermi! Non ho sorelle»
«E accanto a te?» 
«C’è solo Sara».
«È ferita, può parlare?» 
«Dorme. Sono sola».
«Lasciala dormire».
«Ma sono tutti morti, ti ho detto che sono morti: tutta la mia famiglia!»
«Nasconditi sotto i sedili. Non farti vedere. D’accordo?» 
« Sì»
« Dove sono i tuoi genitori? » 
« Non c’è nessuno. Stanno sparando! Ci stanno sparando. Il carro armato è accanto a me!»

La protesta

Il 30 aprile 2024, quando i manifestanti della Columbia University hanno preso possesso della Hamilton Hall, una sala notoriamente occupata dagli studenti nelle proteste del 1968 contro la guerra del Vietnam e contro il razzismo negli Stati Uniti, l’hanno ribattezzata Hind’s Hall, facendo cadere un grande striscione dalle finestre sopra l’ingresso dell’edificio. 
Il 7 maggio 2024 il rapper statunitense di successo internazionale Macklemore pubblica il singolo Hind’s Hall in sostegno alle proteste degli studenti, criticando i finanziamenti stanziati dagli Stati Uniti all’esercito israeliano, nonché l’accettazione da parte dei politici statunitensi di donazioni delle lobby filo-israeliane. Macklemore accusa inoltre Israele di genocidio e di applicare politiche di apartheid, e fa riferimento alla Nakba e all’assassinio di uomini, donne e bambini palestinesi nella Striscia di Gaza. Tutti i profitti sono devoluti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA).

«La gente non ha intenzione di andarsene
Cosa c’è di minaccioso nel disinvestire e nel volere la pace?
Il problema non sono le proteste, ma ciò per cui protestano:
va contro ciò che il nostro Paese finanzia
(Hey) Bloccate la barricata finché la Palestina non sarà libera 
[…]
Cosa siete disposti a rischiare? Cosa siete disposti a dare?
E se foste voi a Gaza? E se quelli fossero vostri figli?
Se l’occidente facesse finta che voi non esistete,
vorreste che il mondo prendesse posizione
E gli studenti finalmente l’hanno fatto, prendiamocelo! »
Macklemore

Il 24 settembre 2024, in Belgio, è nata la Hind Rajab Foundation (HRF) «per spezzare il ciclo dell’impunità israeliana e onorare la memoria di Hind Rajab e di tutti coloro che sono periti nel genocidio di Gaza».

Il percorso fino all’Oscar

La storia di Hind Rajab è venuta alla luce dopo che la registrazione telefonica di Hind con i soccorritori è diventata virale sui social media. 

Kaouther Ben Hania, regista tunisina, attivista politica, in corsa per gli Oscar 2024 con il docufilm Four Daughters su quattro sorelle due delle quali si assoldano all’Isis, lavora alla sceneggiatura su oltre settanta minuti di voci di chi era lì. La casualità ha favorito che potesse disporre delle registrazioni. Anche il Washington Post aveva fatto richiesta, però la persona della PRCS cui Kaouther Ben Hania si è rivolta è un cinefilo e conosceva i suoi lavori, così ha deciso di accogliere la sua richiesta e non quella americana. 

I tempi medi per la realizzazione di un film sono intorno ai tre anni, ma in questo caso si sono notevolmente ridotti per scelta e impegno, perché questo efferato episodio non passasse sotto silenzio, perché assecondare il silenzio è rendersi complici. Il film è prodotto tra gli altri da Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonathan Glazer, Alfonso Cuaron, a testimonianza della solidarietà che la Palestina sta ricevendo. 

La voce di Hind, la voce di Gaza

La voce di Hind non è stata doppiata: è la sua voce, è la voce di Gaza, quella che molti israeliani vogliono silenziare, quella che non può essere tradita. Nel film i volontari della Mezzaluna rossa sono attori (i bravi Saja Kilani, Motaz Malhees, Clara Khoury), nella realtà sono persone formate e provate alle emergenze più drammatiche, eppure piangono alternandosi al telefono per tranquillizzare Hind, per tenerla viva. E altrettanto si scagliano contro la burocrazia della guerra, con la richiesta all’esercito israeliano di concedere il corridoio per l’ambulanza. Un’ambulanza che è a soli otto minuti di distanza dall’auto di Hind, come ripetono insistentemente i volontari di PRCS. Concessione che arriverà in ritardo per la vita della bambina e non sarà rispettata per l’ambulanza dei soccorritori. 

Un film a metà tra documentario e fiction che però rende partecipe lo spettatore dell’impotenza dei volontari di PRCS, una documentazione di ciò che realmente è avvenuto e, insieme, la testimonianza dell’impotenza di tutti noi. 

La sequenza finale è un montaggio di bambini che giocano sulla spiaggia, quella che Hind amava molto, quella dove la si vede giocare con il fratello, quella che Trump e sodali vogliono trasformare in riviera.

«Dedico questo premio alla Mezzaluna Rossa e a coloro che salvano oggi le vite a Gaza. Sono dei veri eroi e cercano di ascoltare le grida delle persone a cui nessuno risponde. La voce di Hind è la stessa di Gaza. Il cinema ci dà coraggio; lei non c’è più ma la sua presenza è ancora qui, è nella sua voce, e risuonerà finché non ci sarà giustizia».
Kaouther Ben Hania

Un film da vedere

Il docufilm è una battaglia contro l’impotenza, contro una responsabilità condivisa, contro il silenzio o la ritardata denuncia, contro lo stare a guardare, senza menzogna e ricatti.  
La giuria di Venezia 82 ha assegnato al film il secondo posto con il Leone d’argento Gran premio della Giuria.  Forse avrebbe potuto osare maggiormente e conferirgli il Leone d’oro, invece che assegnarlo a Father Mother Sister Brother di Jim Jarrmusch, americano come il presidente della giuria (Alexander Payne), ma bisogna essere comunque soddisfatti dell’esito delle trattative per la scelta di chi premiare. 

La Tunisia ha scelto La voce di Hind per concorrere tra i titoli internazionali al prossimo Oscar. La produzione da parte di figure di rilievo del cinema americano potrà rappresentare un buon viatico, ma sarà il anche il botteghino dei prossimi mesi a incidere, quindi un film da andare a vedere e da invitare ad andare a vedere (in Italia nelle sale dal 25 settembre). 

«Spero che non si dimentichi il fatto che la storia di Hind è la storia di moltissimi bambini che devono essere salvati. Chiedo che questa situazione termini, che la sua anima riposi in pace mentre coloro che l’hanno uccisa non riescano a riposare. Liberiamo la Palestina».
Wissam Hamada, mamma di Hind

Il cinema è tante cose, diverse e comuni, per chi lo fa che per chi lo vede; è un tempo, uno spazio esistenziale, un modo d’essere nel produrlo e nel guardarlo. Ecco, andare a vedere e sentire La voce di Hind è una scelta esistenzialista, pratica, per comprendere e testimoniare che la guerra è un crimine contro l’umanità e le vittime sono civili e in particolare bambine e bambini, ma anche per dar voce alle vittime a cui è stata definitivamente tolta.