Pubblicato il 25/08/2025Tempo di lettura: 15 mins

…È necessario esibire la documentazione dei controlli che sono stati fatti, presentare la storia della ricerca e della sperimentazione. Questo è il metodo che ha permesso di distinguere i “fatti” dalle “opinioni”, non esiste par condicio nella scienza. Diversamente, ognuno di noi potrebbe dire quello che gli passa per la mente. In un programma scientifico devono parlare solo le persone che sono qualificate, non quelle che sono “inqualificate” o “squalificate”
Piero Angela, 2018

«Ho fatto quello che mi diceva la coscienza. Sono un tecnico, non sono un politico: decido da medico e ricercatore che crede nei vaccini», ha affermato il ministro Orazio Schillaci, motivando l’annullamento delle nomine, fatte dallo stesso ministro 11 giorni prima, per la composizione del NITAG (Gruppo consultivo sulle vaccinazioni). La coscienza non è sinonimo di responsabilità, e neppure di appropriatezza delle decisioni nei percorsi di cura o di prevenzione. La coscienza professionale medica, a cui rimanda il giuramento d’Ippocrate anche nel suo ultimo aggiornamento del 2007, va contestualizzata nella facoltà e capacità di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera dell’esperienza individuale. A volte la facoltà e capacità di conoscenza sono limitate per la complessità dei quesiti, e conseguentemente delle possibili risposte e decisioni da prendere. Inoltre districarsi con ragione e ragionevolezza nell’enorme, continua e aumentata produzione di conoscenza, non sempre di qualità, che lo sviluppo della tecnica e metodologia scientifica moderna, in particolare nell’area della medicina, oggi consente è spesso arduo, se non impossibile, per ogni singolo operatore. Due ragioni che motivano le richieste di pareri tecnici a terzi (colleghi, anche riuniti in team, commissioni o “organismi plurali”) di affidamento per competenze, stima e capacità. 

Essere tecnico non è sufficiente per garantire appropriatezza (o competenza) se non si utilizza un approccio metodologico scientifico condiviso e di riferimento (quello delle evidenze in ambito medico). Purtroppo neppure essere medico e ricercatore è sempre garanzia di appropriatezza decisionale nella pratica, e i vari indici di produttività (per esempio H-index) o di prestazione (per esempio i sistemi di valutazione integrati aziendali) non rispecchiano le conoscenze e la qualità degli interventi. Comprendere una diagnosi, pianificare una terapia, ma ancor di più pianificare un intervento preventivo per l’intera popolazione, oggi necessita di conoscenze di così ampio spettro che solo un lavoro di equipe, di confronto e condivisione può garantire una scelta aggiornata, basata su un rapporto tra benefici e rischi positivo a favore del paziente e del cittadino. Una scelta evidence-based, cioè «l’uso coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori prove attuali nel prendere decisioni riguardo i singoli pazienti». Ciò vuol dire integrare la competenza clinica-scientifica-medica individuale con le migliori prove, per il paziente e la comunità, fornite da una ricerca sistematica nella pratica. Non sempre il processo è così lineare e allora l’equipe si attiva o dà indicazioni per produrre nuove conoscenze (ricerca). L’ambito di questo lavoro è quello di un territorio condiviso in cui le regole e i valori sono comuni. Un territorio abitato non da “voci”, ma da evidenze di efficacia, sicurezza, costo e valore aggiunto. 

«Gli organismi plurali servono a contenere idee differenti». Sic dixit il ministro Francesco Lollobrigida, aggiungendo: «La storia insegna che non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto. Lo è statisticamente, ma lasciare spazio a tesi diverse e non soffocarle è la strada maestra». Quale sia la “strada maestra” che colleghi il pensiero così espresso necessita forse di un’apposita commissione competente che sappia dirimere tra i nodi della rete cognitiva del ministro, costituiti da: «la storia insegna», «il pensiero scientifico dominante», «lo è statisticamente», «spazio a tesi diverse», «strada maestra». Una rete le cui caratteristiche non sono esclusive se confrontate con quelle di altri politici («Giusto ospitare tutte le voci […] coinvolgendo i pro e i contro. Così bisogna fare, altrimenti nominiamo dei cori dove cantano tutti insieme […] il principio del riequilibrio delle posizioni dogmatiche sui vaccini») come da commenti del senatore Claudio Borghi.

Tecnici o politici?

Essere un tecnico non è incompatibile con l’essere ministro, sebbene la storia dei sei ministri “indipendenti” alla Sanità (1958-2001) o alla Salute (dal 2001) della Repubblica Italiana si sia poco caratterizzata per efficacia nella risposta ai bisogni dei cittadini rispetto a quella della maggioranza dei 31 ministri politici (15 della Democrazia Cristiana, fino al 1994). Le ragioni della politica da tempo non coincidono con quelle necessarie a ridurre e contenere i bisogni di salute della popolazione italiana. La legge 833 del 1978 che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), pubblico e universalistico, è ormai datata, valida e attuale per i principi e i valori sottesi, ma oggi inefficace a garantire quel diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»). Un aggiornamento legislativo necessita di un tempo sufficientemente lungo a pianificare e valutare gli interventi, di una strategia, di una condivisione, di responsabilità e volontà: tutte caratteristiche mancanti alla politica e ai politici attuali. Eppure a questo proposito la storia non “insegna”, ma insegnerebbe, se non altro a non commettere e ripetere errori per scarsa sensibilità o specificità istituzionale, con tentativi di riforma (quelli del 1992, ministro Francesco De Lorenzo; del 1999, ministro Rosy Bindi; del Titolo V della Costituzione del 2001, ministro Girolamo Sirchia), con la costituzione di organismi, con nomine inappropriate come è stato per il NITAG. 

Essere medico e ricercatore, ma anche ministro o coprire un altro ruolo su incarico della politica, è un onere gravoso per un “tecnico” o un “indipendente” dai partiti: il garantire indipendenza da interessi, in particolare quelli della maggioranza politica che ti ha designato, troppo spesso non coincide con la volontà dei governanti, nonostante le dichiarazioni di intenti. 

Eppure nel passato è successo che interessi politici diversi convergessero quando è stato il valore del bene comune a prevalere e la legge 833 del 1978 ne è un’evidenza, giunta dopo trent’anni di lavoro multidisciplinare sul campo. Un campo largo, partecipato, non esclusivo della politica… per un obiettivo comune, un bene comune. Bene comune che in ambito sanitario è rappresentato dall’obiettivo: la salute (welfare, one health, lo star bene e meglio) per tutti. Purtroppo il diritto alla salute rimane ancora spesso negato, le diseguaglianze della salute non sono solo altrove, ma sono anche italiane, aumentano e cronicizzano. La pandemia di Covid-19 ha evidenziato la debolezza e l’inefficacia dell’intero approccio per garantire la salute per tutti, nella mancanza di una politica orientata, anche se non prevalentemente, alla salute pubblica, al territorio, alla prevenzione, a partire da quella primaria basata sull’informazione precoce e continuativa della popolazione e all’uso appropriato di medicinali biologici quali sono i vaccini. Purtroppo le profonde disuguaglianze regionali di benessere, in particolare del dominio salute, e alcune insufficienti coperture vaccinali indicano la disattenzione, se non l’incapacità o la scarsa volontà della politica a intervenire in modo efficace e preventivo. Per la vaccinazione contro l’HPV, per esempio (ma si potrebbero considerare l’influenza, il morbillo, o le iniziative per promuovere e mantenere elevata la copertura per le fasce deboli, con differenze significative tra aree geografiche), la copertura è del 45% per le ragazze e il 39% per i ragazzi dodicenni: molto distanti dall’obiettivo del 90% fissato per il 2030. 

Eppure, ancora una volta nel passato, è successo che la prevenzione e la salute pubblica rappresentassero un obiettivo primario, uno dei processi strutturali per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini. Lo rimarcò con la sua attività Nicola Perrotti, il primo Alto commissario alla Salute e Igiene pubblica, nel 1947 nel governo De Gasperi (il secondo e il quarto). Medico, ricercatore e politico (Partito Socialista di Unità Proletaria), Nicola Perrotti, prima internista e poi psicanalista, è stato uno dei pionieri della psicoanalisi in Italia. Con Edoardo Weiss, Emilio Servadio e Cesare Musatti fu tra i fondatori della Società psicoanalitica italiana. Dal 1945 contribuì a diffondere nella cultura italiana le teorie freudiane e l’interesse per la psicopatologia quotidiana. Mutuando da Jung il concetto di inconscio collettivo, sottolineò l’influenza che la dimensione sociale ha inevitabilmente sulla salute dell’individuo:

Il suo modo di sentire e di reagire deriva in gran parte dall’intersecarsi delle varie anime collettive (di cui fa parte) e tutto questo si svolge in lui, senza ch’egli se ne renda minimamente conto… Non è pertanto opponendosi al collettivo che l’individuo potrà personalmente progredire, bensì elaborando personalmente tutte le possibilità contenute nell’inconscio collettivo. (Perrotti, N. Psicologia individuale e psicologia collettiva. Psiche 1949; 5: 203-228)

Nazionale vs internazionale

L’Alto commissario alla Salute e Igiene pubblica rappresentò, fino al 1958 quando venne creato il ministero della Sanità con ministro il democristiano Vincenzo Monaldi durante il secondo Governo Fanfani, l’autorità superiore in tema di salute degli italiani presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Un incarico paragonabile a quello di ministro senza portafoglio, quindi con meno potere e autonomia, in particolare per quanto concerne il finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale. Caratteristica ancora attuale che regola i rapporti con ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Nel complesso, il livello del finanziamento del SSN nel 2025 è stato di 136,5 miliardi e salirà a 141,3 miliardi nel 2027, passando dal 6.3% del Pil all6.4%, ancora ben lontano dal 9-11% di Francia, Germania e Regno Unito. 

Oggi i processi, sia nazionali che internazionali, sono altri e spesso contrari al bene comune. È quanto succede negli Stati Uniti con il rilancio, politicamente modificato, della gold standard science che deve essere: «riproducibile, trasparente, in grado di comunicare l’errore e l’incertezza, collaborativa e interdisciplinare, critica nei confronti dei propri risultati e delle proprie assunzioni, strutturata in modo da consentire la falsificabilità delle ipotesi, soggetta a revisione paritaria imparziale, in grado di valorizzare anche i risultati negativi, e priva di conflitti di interesse», come ha scritto Francesco Adesi Barone su Scienza in rete. Tuttavia, con un vincolo posto dall’amministrazione americana, tutti questi criteri devono essere soddisfatti contemporaneamente affinché i risultati di una ricerca possano essere considerati validi e utilizzabili per informare e guidare decisioni politiche. Condizione rara da raggiungere e, comunque, non nei tempi della politica. Tutto questo per permettere e giustificare provvedimenti dello Stato e della direzione della vita pubblica, da parte del Segretario della Salute e dei Servizi Umani, Robert F. Kennedy Jr. Provvedimenti non di salute pubblica, come il creare nuove istituzioni o rivisitare quelle esistenti, uscire dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e ritirare i finanziamenti. Quindi nulla da ricondurre alle evidenze scientifiche, ma piuttosto alle opportunità e agli interessi politici di affidare l’incarico a chi tra le proprie credenziali ha una lunga storia di promozione di idee errare e pericolose in tema vaccinale, allarmi sulla sicurezza di alimenti e medicinali, e denunce di corruzione delle agenzie nazionali (National Institutes of Health, la Food and Drug Administration e i Centers for Disease Control and Prevention) e internazionali (OMS). 

I provvedimenti presi finora hanno suscitano sgomento, incredulità, nervosismo e persino panico nella comunità scientifica e della sanità pubblica americana e internazionale. Il rischio che la situazione già critica possa peggiorare è elevato, anche in considerazione degli emulatori internazionali.

In un contesto come questo, il caso NITAG è solo un esempio, ma utile per riflettere sui molti aspetti degli interessi comuni, che ai più sfuggono, per l’analfabetismo sanitario che le modalità e i contenuti della comunicazione di massa contribuiscono a mantenere. In un Paese dove oltre un terzo degli adulti è analfabeta funzionale, la public health literacy dovrebbe rappresentare una sfida cruciale per tutti, in particolare per i politici che si interessano di sanità e per i sanitari che si interessano di politica, perché significa non solo sviluppare consapevolezza, competenze e partecipazione attiva dei cittadini per rafforzare il SSN, ma contrastare le disuguaglianze, create anche dalla non conoscenza.   

Chiamarsi fuori senza ragione

I gruppi consultivi tecnici nazionali per l’immunizzazione (NITAG) sono organismi multidisciplinari composti da esperti nazionali che forniscono raccomandazioni basate su prove concrete ai decisori politici e ai responsabili dei programmi di immunizzazione.

 Nel 2016 l’OMS ha avviato la rete Global NITAG Network (GNN) per la condivisione di esperienze e buone pratiche da parte dei NITAG di tutto il mondo. Oggi aderiscono 33 NITAG di Stati Membri della Regione Europea dell’OMS, tra cui l’Italia. Nell’ambito del GNN, dal 2018, su iniziativa del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), gli Stati membri dell’UE e dello Spazio Economico Europeo hanno sviluppato un gruppo di lavoro europeo, un database e periodiche iniziative informative e formative tra i Paesi europei partecipanti per condividere le evidenze scientifiche esistenti e nuove sugli effetti sulla salute pubblica dei vaccini autorizzati nell’UE e sul loro utilizzo nei programmi di immunizzazione. Inoltre, per rafforzare la capacità dei NITAG di formulare raccomandazioni basate sulle prove, l’OMS/Europa supporta attivamente la collaborazione tra pari tra i NITAG e il Gruppo consultivo tecnico europeo di esperti in materia di immunizzazione (ETAGE) e il Gruppo consultivo tecnico strategico di esperti in materia di immunizzazione (SAGE). 

Come avvenuto durante la pandemia di Covid-19, in mancanza di prove sulle caratteristiche dei vaccini e sull’epidemiologia della malattia da un lato, e la rapida evoluzione delle informazioni sulla malattia e sui nuovi vaccini anti-Covid-19 dall’altro, i NITAG hanno dovuto affrontare difficoltà nello sviluppo di raccomandazioni utilizzando le procedure di routine, tuttavia la forza dimostrata dalla rete è stata quella di condividere e valutare congiuntamente le esperienze nazionali, cosa che ha contribuito ad attivare il Programma per le Emergenze Sanitarie (WHE) dell’OMS per aiutare i Paesi a prepararsi a epidemie e pandemie su larga scala. 

Poiché la prossima pandemia sarà molto probabilmente causata dall’influenza, la malattia continua a rappresentare la minaccia prioritaria per la salute pubblica nella Regione. Rafforzare le capacità di prevenzione, sorveglianza e risposta all’influenza stagionale e zoonotica anche con campagne vaccinali, aumentando e mantenendo alte le coperture, è quindi un impegno di ogni Paese, anche attraverso l’attività dei NITAG.  Nell’ambito di questo Programma, il 20 maggio 2025 gli Stati membri dell’OMS hanno concordato un processo globale per redigere e negoziare una convenzione, un accordo o un altro strumento internazionale ai sensi della Costituzione dell’OMS per rafforzare la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie. L’Accordo sulla pandemia è stato adottato da centoventi Paesi, tra cui la Cina. Nessuno ha votato contro, sebbene 11 Paesi si siano astenuti, tra cui Israele, Italia, Polonia, Russia e Iran. Gli Stati Uniti non hanno partecipato. Scarsa e momentanea la protesta della comunità scientifica italiana per una scelta politica giustificata dallo stesso ministro, sebbene le istanze dell’Italia e di altri governi fossero state in buona parte accolte e senza che l’accordo imponga alcunché ai singoli Stati (l’articolo 3, dedicato ai principi, afferma «il diritto sovrano degli Stati di legiferare e attuare leggi all’interno della loro giurisdizione»). 

Grande è la confusione sotto il cielo

La grande confusione che viviamo favorisce gli scontri politici e sociali, in particolare quelli che vertono su problemi secondari e non prioritari per la popolazione. La cronaca estiva del caso NITAG ne è un esempio. “Una cronaca annunciata” quella della revoca delle nomine del NITAG. Una cronaca giornalistica di fatti e avvenimenti politici (poco tecnici e men che meno scientifici). Una cronaca dei contenuti leggeri, come da sempre nella stagione estiva, perfetta per il gossip e per contribuire alla diffusione di disinformazione, magari senza nemmeno accorgercene. 

«Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente», commentava il presidente Mao; perciò, per alcune conclusioni sul caso NITAG dopo le riflessioni e le contestualizzazioni sin qui fatte, rileggendo il mandato ufficiale del Gruppo, in attesa delle nuove nomine, ecco alcuni aspetti che dovremmo avere ben presenti: 

  • il NITAG è un organo consultivo, tecnico, a cui il Ministero della Salute può ricorrere, dietro specifica richiesta e su problematiche specifiche. Quindi i membri che ne fanno parte sono tecnici di fiducia, in cui il ministro confida per formulare raccomandazioni o prendere provvedimenti: vi si riconosce. 
  • Il NITAG ha il compito di supportare il ministero sulle questioni relative alle vaccinazioni e alle politiche vaccinali. Quindi prioritarie sono le competenze e le conoscenze relative alle vaccinazioni e alle politiche vaccinali e non ai vaccini. Compito del NITAG circa i vaccini è di recepire l’accesso a nuovi prodotti o disporre di nuove informazioni riguardanti i prodotti esistenti per modifiche o integrazioni del calendario nazionale di offerta vaccinale. L’autorizzazione di sperimentazioni cliniche, le valutazioni per l’immissione in commercio, la definizione dei prezzi, la sorveglianza della sicurezza e il monitoraggio della spesa dei vaccini sono infatti in carico all’Agenzia Italiana del Farmaco. Chiarimento, non secondario, in considerazione del tanto di cui si è discusso finora sui media, ma principalmente per il profilo dei membri del Gruppo. Membri che devono avere competenze nell’ambito della salute pubblica, quindi di popolazioni e non solo singoli pazienti. Dell’uso di preparati biologici (vaccini) con finalità preventive (prevenzione primaria). Quindi aver condotto studi o aver fatto parte di valutazioni di utilizzo di vaccini in un ambito territoriale (valutazioni di programmi vaccinali, di informazione e comunicazione verso il pubblico, di modifiche dei calendari vaccinali). 
  • Il NITAG, nel formulare raccomandazioni evidence-based, opera seguendo un approccio di valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment) coerente con il processo decisionale suggerito dalle linee guida dell’OMS. Quindi ai membri è richiesta una pratica professionale in accordo con uno specifico approccio scientifico e culturale e che abbiano uno sguardo ampio, aggiornato e internazionale. Infatti il NITAG interagisce con gli organismi internazionali in materia di vaccinazioni, anche in considerazione di specifici piani vaccinali internazionali.
  • “Il NITAG è un organo indipendente”, ma non viene esplicitato da chi e da che cosa. Dal ministero? È ovvio, dovendolo supportare per mancanza di risposte interne. Dalle decisioni finali del ministro? Anche questo è ovvio, essendo un organo consultivo. Indipendente in virtù di nomine dalle caratteristiche essenziali e necessarie per poter contribuire in modo appropriato al mandato? Il NITAG non è un organo di rappresentanza, una Commisssione interparlamentare, un gruppo di lavoro intrapartitico trasversale, dove il pluralismo delle idee e delle voci è espressione di valori e interessi diversi. Come commenta anche Enrico Bucci su Il Foglio del 25 agosto, lavorare per il bene comune in ambito scientifico implica confrontarsi con prove, risultati, evidenze, usando un metodo comune e condiviso. La scienza e la medicina non progrdiscono affermando verità, ma probabilità e incertezze che necessitano di ulteriori verifiche. Nel frattempo è la prevalenza delle evidenze a determinare le raccomandazioni, e non la maggioranza dei voti eletterali. Circa raccomandazioni, pressioni, interessi personali e di terzi (politica, accademia, industria, società scientifiche, associazioni di categoria) nulla è detto e la cronaca estiva non ha contribuito a far luce, nonostante i rari tentativi di chiedere chiarimenti in proposito, anche su Scienza in rete.

Unico riferimento all’indipendenza nel mandato del NITAG è questo: «valutare l’attendibilità e l’indipendenza delle fonti utilizzate, verificandone l’assenza di conflitti di interesse».
Cioè si rimanda a verificare l’indipendenza di un dossier prodotto da una ditta produttrice di vaccini (una delle fonti)? Magari da parte di membri che hanno partecipato alla stesura dei dossier o sono consulenti di produttori?

Lo scandalo nel caso NITAG non è il richiamo alle voci pro o alle voci contro, o l’evocare un pensiero scientifico dominante: lo scandalo è l’assenza di trasparenza su chi debba fare che cosa, come e per chi. Lo scandalo è avere come fine principale il proprio bene e non quello comune. 
 

L’avanzata dei governi illiberali che minaccia la scienza

Pubblicato il 25/08/2025

Il mondo accademico occidentale si trova di fronte a un bivio. È abbastanza evidente, alla luce delle discussioni interne e delle risposte che negli Stati Uniti le università, le accademie, gli enti di ricerca, le agenzie regolatorie eccetera stanno dando agli ordini, ai ricatti, alle ritorsioni e alle censure da parte dell’amministrazione Trump. Quello che sta accadendo nel più vasto e potente sistema della ricerca e dell’insegnamento al mondo sollecita riflessioni. Al di là delle reazioni di pancia. Non per la novità delle idee che ispirano le azioni, ma per le dimensioni e le forme.