C’è in Italia un clima malato, un clima di odio crescente che trova il suo terreno preferito nei social. Come si fa a combattere l’odio? Serve solo la repressione?
Con la recente approvazione del decreto legge 48, il cosiddetto decreto sicurezza, ci sono nel nostro Paese 14 nuovi reati e 9 aggravanti. Serviranno?
Tra queste, una delle norme più controverse è quella sul carcere per le detenute madri, che è stata modificata dopo i rilievi del Presidente della Repubblica, per cui rispetto al testo originario adesso si rende facoltativo, e non più obbligatorio, come era stato proposto dal governo, il rinvio dell’esecuzione della pena per le condannate incinte o madri di figli di età inferiore a un anno e si dispone che scontino la pena, qualora non venga disposto il rinvio, presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM). Scienza in rete ne aveva parlato qui.
Non sanno i nostri legislatori che gli ICAM in Italia sono solo quattro, distribuiti in quattro regioni e precisamente in Piemonte, Lombardia, Lazio, Campania. Per questo motivo un bambino di un anno è adesso in un carcere a Palermo con la sua mamma detenuta. Dispiace ancora una volta constatare che i nostri legislatori non tengono in nessun conto il supremo interesse del minore come sancito dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a cui l’Italia ha pure aderito.
Il fallimento di un approccio solo repressivo
Sempre in questa ottica esclusivamente repressiva, è stato approvato il nuovo decreto per contrastare la violenza contro gli insegnanti, sulla stessa linea di quello varato alcuni mesi fa, per tutelare i medici e il personale sanitario.
Era necessario arginare questi fenomeni particolarmente gravi, inimmaginabili fino a pochi anni fa. Io stesso mi sono molto adoperato durante la mia esperienza parlamentare per contrastare la violenza contro i medici, promuovendo disegni di legge in cui veniva riconosciuto al medico e a tutto il personale sanitario in servizio lo status di pubblico ufficiale, ritenendo che questo potesse almeno rallentare il fenomeno.
Bisogna constatare, purtroppo, che per quanto riguarda la violenza contro i sanitari il decreto varato nel 2024 che prevede l’arresto in flagranza e l’inasprimento delle pene, non ha raggiunto l’effetto sperato. Infatti nel 2024, nonostante la nuova normativa, i dati mostrano che le aggressioni rimangono un problema significativo, con quasi 26.000 episodi.
Nei primi tre mesi del 2025 si è registrato addirittura un incremento del 37% delle aggressioni rispetto all’anno precedente, per una media mensile di 2.161 episodi di violenza e un totale di 6.483 aggressioni fisiche e verbali.
Le nuove regole avevano lo scopo di dissuadere gli aggressori, ma non hanno ancora portato a una diminuzione drastica dei casi.
Una nuova cultura del rispetto
Sorprendono questi numeri? A pensarci bene non tanto, perché non è soltanto con la repressione che si possono risolvere i problemi: aumentare le pene o prevederne altre è la più semplice delle soluzioni ma non quella effettivamente più utile. Resta quindi un problema culturale.
Una scuola che non sa educare alla tolleranza e all’inclusione di tutti fallisce, ma non può essere solo la scuola a farlo, questo è il tema.
Prevalgono oggi modelli negativi, dove la cultura, la buona educazione, il rispetto non hanno quasi nessun senso, anzi sono considerate virtù negative. E allora pensare che soltanto aumentando le pene si possano risolvere i problemi è illusorio, perché in un Paese normale non si dovrebbero verificare aggressioni né al personale sanitario in servizio nei Pronto soccorso, né tanto meno agli insegnanti, e neppure mettere in carcere bambini e bambine innocenti.
Si ritorni a mettere al primo posto cultura, rispetto, mitezza, condivisione, ognuno per la sua parte, a cominciare da chi ha maggiori responsabilità nel nostro Paese.
Costruire una nuova cultura del rispetto
C’è bisogno di un’alleanza per creare una nuova cultura del rispetto. Si cominci nelle scuole primarie, nelle parrocchie, nei centri sportivi, a scuola e nelle università, in televisione e poi sui social, altro luogo in cui prevalgono la violenza e la stupidità. Si disarmino le parole, come ha recentemente affermato Papa Leone XIV.
Voglio ricordare uno studio in cui i ricercatori dimostrano che a cinque anni «i bambini giudicano le azioni in base a una sorta di “codice morale interno” che li guida. E il loro giudizio è sempre negativo quando un adulto o un bambino commette un’azione sbagliata. E il giudizio non cambia se quell’azione la commette un robot». Quindi, per un bimbo o una bimba della scuola dell’infanzia rubare o non condividere è sempre sbagliato.
Si nasce con un codice morale interno che poi viene perso man mano che si cresce, per l’influenza negativa di tutta la comunità educante che invece di sviluppare e far crescere quel sano codice morale interno lo sostituisce con la violenza e la sopraffazione.
Certo è un’eccezione, una rara eccezione, ma è disarmante scoprire che l’autore di un post violento contro la figlia della premier sia stato scritto proprio da un insegnante. Si possono aumentare le pene, creare nuovi reati, vietare gli smartphone a scuola, ma senza un’azione culturale e soprattutto preventiva il risultato non sarà raggiunto, e avremo ancora medici e insegnanti picchiati.
Mite non è colui che si arrende
E allora, riappropriamoci della mitezza, torniamo a leggere il breve saggio di Norberto Bobbio L’elogio della mitezza, spieghiamo ai nostri ragazzi che il mite non è colui che si arrende o rinuncia a combattere, al contrario, è colui che sceglie consapevolmente la non violenza, il rispetto dell’altro, la capacità di ascolto e di dialogo. La mitezza è la scelta di chi rifiuta l’arroganza e la sopraffazione come strumenti di affermazione.
Insegniamo la gentilezza e soprattutto pratichiamola, già nelle scuole primarie, inseriamo l’insegnamento della gentilezza in tutte le scuole di ogni ordine e grado. La lotta contro la violenza scolastica, così come quella contro i sanitari, richiede interventi normativi, educativi e culturali.
Serve un impegno di tutta la comunità per ridare dignità e sicurezza al personale scolastico e a quello sanitario, creando un clima di rispetto reciproco all’interno delle nostre scuole e dei nostri ospedali. Torni a essere una virtù la gentilezza: aiutare il compagno di classe in difficoltà, cedere il posto a chi è più anziano, aiutare una mamma con il passeggino a salire le scale, non alzare il tono della voce, rispettare le compagne di vita.
Torni «la gentilezza a essere la catena forte che tiene legati gli esseri umani». Questo è l’intervento più urgente da realizzare, anche con proposte legislative.